Coste italiane: un punto inquinato ogni 51 km
Legambiente presenta i risultati della campagna 'Goletta verde' e contesta le informazioni divulgate dal ministero della Salute: "ottimistiche e imprecise"
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Di 264 campionamenti effettuati, il 55% presenta valori fuori norma di batteri fecali. Le maggiori percentuali di punti critici -88 e 83%- si registrano in Abruzzo e Marche, regioni penalizzate da forti piogge e dall’elevata presenza di corsi d’acqua che sfociano a mare. Le condizioni migliori si registrano invece in Sardegna, con appena il 10% di punti sopra i limiti, seguita a notevole distanza dalla Toscana (33%).
Ciò di cui soffrono i mari italiani è una mancata o cattiva depurazione degli scarichi, con foci di fiumi, canali e fossi che portano batteri e altri inquinanti. 124 campioni inquinati sono stati prelevati in corrispondenza di questi ‘sorvegliati speciali’, mentre 22 nei pressi di spiagge affollate di turisti.
Il disaccordo con le autorità
La campagna Goletta Verde è durata due mesi. Dai risultati –così come da ‘Goletta dei laghi’, vedi articolo correlato- non dipende in alcun modo la balneabilità: a decretare quest’ultima sono le autorità (nella maggior parte delle regioni, le ARPA).
Nel caso dei mari, tuttavia, Legambiente contesta apertamente il portale ufficiale sulle acque di balneazione, gestito dal ministero della Salute. Il 43% dei luoghi che risultano fortemente inquinati per Goletta Verde sono balneabili secondo le autorità, mentre un altro 47% di punti critici per Legambiente non sono neppure campionati dalle autorità.
Secondo Serena Carpentieri, responsabile di Goletta Verde, il sito ministeriale darebbe informazioni “ottimistiche e imprecise”. L’esperta ritiene inverosimile che una spiaggia sia tutta balneabile tranne nel punto esatto in cui vi è uno scarico, rileva che alcuni dati divulgati dal Ministero non coincidono con quelli delle ARPA, e mette in dubbio la validità dei punti di misurazione.
Su questi ultimi, va detto, la sfiducia è reciproca: i punti scelti da Legambiente sono stati criticati più volte in passato da Comuni e agenzie, così come i momenti scelti per prelevare i campioni (ad esempio dopo forti piogge).
La depurazione, il principale imputato
La Commissione europea, quest’anno, ha avviato la terza procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia, per il mancato rispetto della direttiva sulla depurazione degli scarichi civili. Il procedimento riguarda 880 agglomerati urbani in tutto il Paese e giunge dopo due condanne che potrebbero costare al Paese una multa da 550 milioni di euro. Un importo, rileva il vicepresidente di Legambiente Stefano Ciafani, che “sarebbe meglio usare per costruire depuratori”.
ANSA/red
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