Cresce il consenso interno di Putin
Un sondaggio condotto a marzo dal Centro Levada, un istituto indipendente, mostra un gradimento per il presidente russo Vladimir Putin che supera l'83% dopo l'inizio della guerra. Una nostra analisi di quanto sta succedendo in Russia.
L’invasione dell’Ucraina è stato uno shock anche per la popolazione russa, che non si aspettava una guerra di larga scala nel paese vicino. Nel Paese, a livello ufficiale si parla di una “operazione militare speciale”, non di un conflitto aperto, e l’opinione pubblica è largamente influenzata dai media, quelli sotto il controllo dello Stato, canali televisivi in primis, e da tutti gli altri che si sono dovuti adeguare alle misure censorie imposte dal Cremlino con l’avvio della guerra.
Non ci si deve dunque stupire dell’immagine generale che in Russia si ha del conflitto in Ucraina e nemmeno della popolarità cresciuta del presidente Vladimir Putin. I sondaggi effettuati a marzo, dopo l’inizio della guerra, dal Centro Levada, istituto indipendente che in maniera regolare tiene il polso sugli umori della società russa, mostrano quindi un quadro abbastanza ben definito, che deve venire comunque decifrato.
Sondaggi sulla popolarità di Putin
L’83% dei russi approva a marzo 2022 le attività del presidente russo, che guadagna 12 punti rispetto alle rilevazioni di febbraio (71). Per la prima volta dopo quattro anni, Putin torna sopra l’80% del gradimento. Nell’aprile del 2018 era all’82 ed era finito al 69 all’inizio del 2020 e al 59 ad aprile dello stesso anno: prima la contestata riforma delle pensioni poi la cattiva gestione della pandemia avevano fatto abbassare i rating, che ora la guerra ha fatto schizzare verso l’alto. Il riflesso è quello già visto nel 2014, dopo l’annessione della Crimea, con il gradimento che tra febbraio e marzo di quell’anno era passato dal 69 all’84%.
Per quattro anni, Putin aveva viaggiato a cavallo dell’80%, fino al tonfo di dieci punti causato dalla reazione alla riforma pensionistica. Fattori interni (riforme impopolari, covid) ed esterni (conflitti) sono stati determinanti per la popolarità del presidente, che in 22 anni al Cremlino non è mai scesa comunque sotto il 59%. Gli ultimi rilevamenti del Levada Center sono di fine marzo, dopo circa un mese di guerra: al di là della propaganda, bisognerà attendere quali saranno gli effetti interni del conflitto, cioè quanto e come l’economia russa soffrirà del regime sanzionatorio occidentale, come peserà la situazione sulla popolazione e come Putin farà fronte alla programmata crisi, per capire in quale direzione tenderanno i prossimi numeri e quali potrebbero essere quindi le conseguenze.
Quando preoccupano le sanzioni?
Per il momento i russi sono abbastanza preoccupati delle sanzioni occidentali. Che non sono però un fulmine a ciel sereno, ma fanno parte di un’escalation che è partita nel 2014 con l’annessione delle Crimea. Con l’invasione di febbraio è però scattata un’altra qualità di provvedimenti e anche la popolazione ne ha risentito. Quasi la metà dei russi è preoccupata (il 19% molto, il 27 abbastanza), a dicembre dello scorso anno era poco meno di un terzo (13 molto, 19 abbastanza), segno comunque di un cambiamento percepito. A marzo, solo il 23% dei russi è preoccupato, a dicembre 2021 era il 35. Le sanzioni occidentali stanno intaccando anche la vita pratica dei comuni cittadini, non soltanto nel settore del superfluo, ma in settori vitali delle quotidianità, dal prelevamento di contanti in banca al reperimento di determinati medicinali.
La situazione è percepita in maniera più grave nelle maggiori città, meno nelle aeree periferiche e soprattutto, rispetto ai provvedimenti comminati prima d febbraio, i russi ritengono che le nuove sanzioni vadano a colpire in maniera più generalizzata la popolazione, mentre in precedenza erano più mirate. Fino a marzo, il 7% dei russi ha sofferto personalmente di gravi problemi a causa delle sanzioni, per il 22% i problemi sono stati abbastanza gravi, per il 39% non ci sono problemi seri e per il 30% non c’è nessun problema in assoluto. Anche questa è una fotografia provvisoria, dato altri pacchetti di sanzioni occidentali sono in arrivo e le conseguenze si sentono sempre a distanza.
Cosa pensano i russi della guerra?
L’opinione pubblica è fortemente influenzata dai media, che sono in larga parte controllati dallo stato o hanno accettato la censura. Non sorprende perciò che la maggioranza dei russi sostenga la linea ufficiale dettata dal Cremlino: il 53% appoggia pienamente quindi quella che è stata definita un’operazione militare e non una guerra; il 28% la sostiene abbastanza, mentre l’8% la sostiene poco e il 6 per nulla. La percentuale dei favorevoli si allarga nella fascia d’età dopo i 55 anni (64%), mentre si assottiglia tra i giovani (29%, tra i 18 e i 24 anni).
Il 43% dei russi ritiene che il Cremlino abbia dato il via alla guerra per proteggere la popolazione russofona nelle repubbliche separatiste di Lugasnk e Donestk; il 25% per impedire un attacco alla Russia; il 21% per “denazificare” il Paese; il 14% pensa che sia un conflitto contro la Nato. La guerra ha scatenato reazioni opposte, in cui domina da una parte il patriottismo e l’orgoglio nazionale (51%) e dall’altra la paura e l’orrore (31%): tra i giovani russi è prevalente quest’ultimo aspetto (37%, 60 invece per gli over 55). Sensibile in definitiva la percezione della guerra tra vecchie e nuove generazioni, dovuta anche alla fruizione differente dei mezzi di informazione.
L’atteggiamento verso le proteste
Nelle scorse settimane, soprattutto dopo l’inizio della guerra, sono state diverse le proteste dei russi, scesi in piazza nelle maggiori città, seppure non in massa. La repressione del regime ha puntato da subito verso il blocco totale delle voci dissenzienti. Molti cittadini russi, giovani in particolare, hanno lasciato il Paese, dove la consapevolezza del dissenso nei confronti dell’invasione rispecchia la forbice generazionale con le diverse opinioni sulla guerra. I giovani russi tra i 18 e i 24 anni sono quelli che in maggioranza (72%) hanno almeno sentito parlare delle proteste contro il conflitto in Ucraina, attraverso appunto internet e i canali non oscurati; mentre tra quelli al di sopra dei 55 anni, che si informano solo attraverso la televisione, solo il 51 ne è venuto a conoscenza.
I dati dell’istituto Levada raccontano al momento solo quanto la percezione delle proteste sia diffusa o meno tra la popolazione, non quanto i russi siano disposti a scendere in piazza per manifestare contro la guerra o contro il regime. Gli ultimi rilevamenti su questo aspetto sono quelli di febbraio 2022, prima dell’inizio della guerra, e dunque ora poco significativi. Indicavano comunque che il 29% dei russi riteneva possibili azioni di protesta con rivendicazioni economiche e il 23% era pronto a prendervi parte direttamente. La situazione economica russa, tra sanzioni e previsioni di default, è in progressivo peggioramento e ciò avrà influenza anche sulla possibilità di maggiori proteste popolari.
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