Quarant’anni fa veniva occupata l’ambasciata USA a Teheran
Con raduni e cerimonie in tutto il paese, l'Iran ha ricordato lunedì il 40esimo anniversario dell'occupazione dell'ambasciata statunitense a Teheran.
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tvsvizzera.it/mar con RSI (TG del 4.11.2019)
Davanti all’ex sede diplomatica, oggi parzialmente riconvertita in museo, si sono riuniti migliaia di manifestanti, alcuni dei quali hanno dato fuoco alle bandiere statunitense e israeliana. Dimostrazioni simili sono avvenute in tutto il paese.
In un discorso, il generale Seyyed Abdolrahim Mousavi ha dichiarato che l’occupazione dell’ambasciata “fu uno dei più grandi movimenti nella storia delle rivoluzioni mondiali” e segnò la distruzione “dell’immagine di grandezza degli imperialisti e degli Stati Uniti”.
Intervenendo davanti a degli studenti, la Guida suprema iraniana Alì Khamenei ha dal canto suo affermato: “È sbagliato pensare che avere un dialogo con gli Usa possa eliminare i problemi del Paese”. Gli Stati Uniti – ha proseguito – “da anni insistono per avere negoziati, ma l’Iran li respinge: ciò significa che nel mondo c’è un governo che non si piega alla dittatura americana”.
Una crisi durata 444 giorni
La crisi degli ostaggi iniziò il 4 novembre 1979, quando un gruppo di circa 500 studenti prese d’assalto e occupò l’ambasciata americana a Teheran; 52 cittadini statunitensi furono presi in ostaggio.
Dopo che i tentativi di ottenere il rilascio per via diplomatica non diedero esito, gli Stati Uniti cercarono di liberarli utilizzando la forza, ma il 24 aprile 1980 l’operazione militare fallì.
La crisi prese fine il 19 gennaio 1981, quando grazie alla mediazione dell’Algeria gli Stati Uniti e l’Iran firmarono un accordo che prevedeva lo scongelamento dei fondi iraniani depositati in banche americane e la promessa di non ingerenza nella politica iraniana.
Gli ostaggi furono liberati il giorno dopo, in concomitanza con il discorso inaugurale di Ronald Reagan, appena eletto presidente.
La Svizzera svolse un ruolo molto importante nella risoluzione della crisi. L’ambasciatore Erik Lang e i suoi collaboratori divennero ufficiosamente le persone di contatto tra le autorità iraniane e americane. Non è un caso che furono proprio loro ad essere incaricati del trasferimento all’aeroporto degli ostaggi al momento della liberazione. Un ruolo – quello della Svizzera – recentemente oggetto di un documentario di Daniel WyssCollegamento esterno, che raccoglie le testimonianze di alcuni diplomatici elvetici.
Produzione di uranio in forte aumento
Proprio nel giorno del 40esimo anniversario dell’occupazione dell’ambasciata Usa, l’Iran ha indicato di aver fortemente accelerato la sua produzione di uranio. “Nel corso degli ultimi 60 giorni, abbiamo aumentato di circa 10 volte la produzione quotidiana, portandola a 5’000 grammi”, ha dichiarato il capo dell’organizzazione per l’energia atomica Ali Akbar Salehi.
I servizi del TG sul nucleare iraniano e sui 40 anni dell’occupazione dell’ambasciata USA:
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Incontro Maurer-Trump, “non si è discusso solo di Iran”
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È durato quaranta minuti l'incontro tra il presidente della Confederazione elvetica Ueli Maurer e il presidente statunitense Donald Trump. Tema principale del meeting è stato il ruolo della Svizzera di rappresentante degli interessi di Washington in Iran, ma la visita è stata anche un'occasione per abbordare altri temi, come l'accordo di libero scambio USA-Svizzera.
La Svizzera rappresenta gli interessi statunitensi in Iran dal 1980, dopo che Washington e Teheran hanno interrotto le relazioni diplomatiche. È soprattutto, per la situazione sempre più tesa con la Repubblica islamica che Trump avrebbe chiesto di incontrare Maurer. È stata la prima visita ufficiale di un presidente elvetico alla Casa Bianca.
"Se pensate che sono qui solo per parlare di Iran, vi sbagliate", ha comunque detto lo svizzero dopo l'incontro. Il mandato elvetico in Iran è confidenziale e non sono stati dunque forniti dettagli sulle discussioni. Il presidente elvetico ha però definito delle "fake news" la possibilità di un intervento armato americano contro Teheran.
È stata discussa anche la situazione in Venezuela, dove Washington sta facendo pressioni affinché il presidente Nicolas Maduro si dimetta. La Svizzera si è detta pronta a rappresentare gli interessi statunitensi nel paese dell'America latina così come quelli venezuelani a Washington. Finora, Caracas non ha reagito a questa proposta.
"Segnali positivi"
Il dipartimento delle finanze diretto da Maurer ha fatto sapere che ci sono stati "segnali positivi" da parte di Trump nell'ambito di un possibile accordo di libero scambio tra Stati Uniti e Svizzera. Anche il settore dell'agricoltura elvetico, secondo Maurer, riconosce che una tale intesa sarebbe una buona opportunità per la Svizzera. Un primo tentativo di accordo era sfumato nel 2006, proprio a causa dell'opposizione dei contadini.
Il presidente elvetico ha poi detto che il suo omologo statunitense gli ha fatto una buona impressione. È molto aperto, ha un carattere comunicativo, è diretto e non complicato, ha detto. "Abbiamo avuto una discussione molto gradevole e penso che si possa andare d'accordo con lui". Ha poi aggiunto: "Mi ha chiesto perché la Svizzera è così apprezzata da tutti. Penso che abbia una buona opinione del nostro paese".
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Le sanzioni erano state revocate con l’accordo sul nucleare del luglio 2015. L’intesa però era stata aspramente criticata da Trump, che lo scorso maggio aveva annunciato l’uscita dal patto e il ripristino dei provvedimenti contro il regime iraniano. Tre mesi fa erano entrate in vigore le misure contro l’acquisto di dollari da parte di Teheran,…
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