Depositata la testimonianza di Napolitano, “attentati per destabilizzare”
La trascrizione del suo intervento nel processo sulla trattativa Stato-mafia pubblicata anche sul web (testo integrale)
La trascrizione della testimonianza resa martedì dal presidente Giorgio Napolitano nell’ambito del processo sulla trattativa Stato-mafia è stata depositata alla Cancelleria della Corte d’assise di Palermo. In particolare nell’udienza, tenutasi eccezionalmente al Quirinale di cui erano stati già anticipati alcuni contenuti, il capo dello Stato ha detto di essere “convinto che la tragedia di Via D’Amelio rappresentò un colpo d’acceleratore decisivo per la conversione del decreto legge 8 giugno ’92 sul carcere duro”. Si trattava di un segnale che si doveva dare al nemico mafioso in risposta alla strategia messa in campo dall’ala più violenta di Cosa Nostra.
Per Giorgio Napolitano infatti le stragi mafiose del ’93 “si susseguirono secondo una logica unica e incalzante per mettere i pubblici poteri di fronte a degli aut aut, perché potessero avere per sbocco una richiesta di alleggerimento delle misure di custodia in carcere dei mafiosi”.
Sulla famosa lettera del suo ex consulente giuridico Loris D’Ambrosio, nel frattempo deceduto, in cui si faceva riferimento a “indicibili accordi” il presidente ha precisato che fu “un fulmine a ciel sereno”. Traspariva una certa insofferenza in lui dopo la pubblicazione delle intercettazioni delle conversazioni telefoniche con il senatore Mancino. Ma ha anche aggiunto di non aver avuto confidenze particolari sulla lettera in questione.
In merito ai presunti rischi corsi negli anni in cui era presidente della Camera il capo dello Stato Giorgio ha precisato di aver accolto “con assoluta imperturbabilità” la notizia, riferitagli nel ’93 dal capo della Polizia, di un allarme attentato ai suoi danni. “Non mi scomposi minimamente, anche perché ho sempre considerato che servire il Paese significa anche mettere a rischio ipotesi di sacrificio della propria vita e guai a farsi condizionare da reazioni di timore o di allarme personali”.
Nel corso della sua deposizione Giorgio Napolitano ha risposto per circa tre ore a tutte le domande postegli dai pm palermitani e a quelle del legale di Totò Riina, su cui peraltro poteva far valere il diritto alla riservatezza. In proposito il Quirinale aveva auspicato, come avvenuto, una celere pubblicazione della trascrizione per informare i media sui contenuti del suo intervento.
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