Le spiagge brasiliane soffocate dal petrolio
Dopo gli incendi in Amazzonia, da due mesi il Brasile deve far fronte a una marea nera di origine ancora sconosciuta.
L’ultima indiziata in ordine di tempo per la marea nera che sta devastando quasi 2’000 chilometri di costa è una petroliera battente bandiera greca, che trasportava del greggio venezuelano verso la Malaysia. La compagnia a cui appartiene la Bouboulina ha però negato che la nave-cisterna sia all’origine del disastro ambientale: “È arrivata a destinazione senza avere nessun problema durante il viaggio e ha scaricato la totalità del suo carico senza nessuna perdita”, ha precisato la Delta Tankers Ltd.
Le autorità brasiliane hanno rilevato la fuoriuscita di petrolio il 29 luglio scorso, a oltre 700 chilometri dalle coste dello Stato di Paraiba, nel nord-est del paese. Le chiazze di greggio hanno poi iniziato a raggiungere le coste il 30 agosto, progredendo in seguito verso il sud, fino nello Stato di Bahia.
Finora ad intervenire sono stati soprattutto gli abitanti delle regioni colpite, che hanno raccolto oltre 1’000 tonnellate di residui di idrocarburi.
Governo Bolsonaro criticato per la scarsa reattività
Il Governo di Jair Bolsonaro è criticato per la lentezza con cui ha preso atto del problema. Secondo un’inchiesta del giornale O Globo, le autorità hanno aspettato 41 giorni prima di applicare il piano nazionale d’emergenza previsto per queste situazioni. E solo una settimana fa sono stati mobilitati 5’000 militari, ben 50 giorni dopo l’apparizione delle prime chiazze sulle spiagge.
Il ministro dell’ambiente Ricardo Salles ha invece dal canto suo assicurato che il Governo ha preso tutte le misure adeguate sin dall’inizio. E come già accaduto durante gli incendi che hanno devastato l’Amazzonia ha puntato il dito contro le organizzazioni ambientaliste, accusando in particolare Greenpeace e i suoi attivisti di “ecoterrorismo”, insinuando persino che una nave di un’Ong potrebbe essere all’origine della fuoriuscita di petrolio.
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