“L’Ue non deve isolarsi ma coordinarsi”
"L'Europa non si deve isolare ma deve coordinarsi. Nessun sistema sanitario dovrà vivere una situazione di emergenza". È quanto sostiene la cancelliera tedesca Angela Merkel. Intanto per l'Oms da epidemia si passa alla pandemia.
“La Germania non ritiene che chiudere le frontiere sia il modo adeguato di reagire”, ha rilevato la cancelliera tedesca rispondendo a una domanda sulle decisioni prese, ad esempio, dall’Austria verso l’Italia per il coronavirus.
“Il patto di stabilità Ue va usato con flessibilità”, ha aggiunto Merkel riferendo della videoconferenza di martedì con le istituzioni europee sull’emergenza coronavirus.
“Gli esperti dicono che potrà infettarsi fino al 70% della popolazione”, ha ricordato la cancelliera, sottolineando che la vera sfida sarà “guadagnare tempo”. Angela Merkel ha anche insistito sul fatto che il virus non sia ancora ben conosciuto e che al momento non ci sia un vaccino.
Priorità, contenere l’epidemia
“Si tratta di una situazione straordinaria e faremo tutto il necessario per uscire da questa situazione, dopodiché vedremo che significato ha sul nostro bilancio”, ha detto, rispondendo ad una domanda sul pareggio di bilancio. La priorità del governo tedesco è di contenere l’epidemia, ha continuato la cancelliera.
Ecco i particolari nel servizio del telegiornale:
In Italia la situazione peggiora
Sono 10’590 i malati di coronavirus in Italia, 2076 in più di martedì, mentre il numero complessivo dei contagiati – comprese le vittime e i guariti – ha raggiunto i 12’462. Il dato è stato fornito dal commissario per l’emergenza Angelo Borrelli in conferenza stampa alla Protezione Civile. Le vittime sono 827: rispetto a martedì sono 196 in più.
Superati i mille malati in terapia intensiva: sono 1’028, 151 in più rispetto a ieri. Dei 10’590 malati complessivi, 5’838 sono poi ricoverati con sintomi e 3’724 sono quelli in isolamento domiciliare.
Il nostro corrispondente da Roma ci parla della situazione negli ospedali italiani:
Non più epidemia ma pandemia
La parola che aleggiava da giorni è stata alla fine pronunciata: l’Oms ha dichiarato che la diffusione del coronavirus è diventata una “pandemia”, che in questa fase sta allungando la sua ombra soprattutto in Europa e negli Stati Uniti.
E che va combattuta con tutte le armi a disposizione, non con “l’allarmante inazione di alcuni Paesi”. Oltre 110 Paesi coinvolti, 4’500 morti, ad un ritmo che nelle ultime due settimane ha portato ad un aumento dei casi dell’ordine delle 13 volte. Tale velocità di diffusione, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, “caratterizza il Covid-19 come una pandemia”.
Tanto più che “nei giorni e nelle settimane a venire prevediamo un aumento del numero di casi, di morti e di Paesi colpiti”, ha avvertito il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus nel briefing da Ginevra, puntando il dito, ancora una volta, contro “l’inazione” di coloro che continuano a prendere questa emergenza sotto gamba. Così ha rinnovato l’appello, soprattutto ai Paesi dove ancora non c’è il coronavirus o ci sono pochi casi, ad effettuare i test per “impedire che nascano focolai”.
Che cosa significa concretamente questo cambio di definizione?
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