Beirut, si mette in moto la macchina degli aiuti
È salito a 145 morti e oltre 5'000 feriti il bilancio dell'esplosione che martedì ha raso al suolo la zona del porto di Beirut. Mentre 300'000 libanesi sono rimasti senza un tetto, la macchina degli aiuti umanitari si è messa in moto e il governo promette un rapporto sulle cause e le responsabilità entro quattro giorni. Ma l'opinione pubblica, appoggiata dalle ONG, chiede una commissione d'inchiesta internazionale.
Russia, Emirati Arabi, Turchia, Francia e Iran hanno inviato personale medico e forniture sanitarie per assistere la popolazione. La Commissione europea ha sbloccato 33 milioni di euro di aiuti urgenti, destinati a coprire spese emergenziali, sostegno medico e protezione delle infrastrutture critiche.
La Svizzera, si è appreso giovedì, ha messo a disposizione una squadra di specialisti -tra cui ingegneri civili ed esperti in infrastrutture, logistica e telecomunicazioni- per valutare lo stato degli edifici e i bisogni sul posto.
La crisi sanitaria
Médecins sans frontières, considerato il numero di persone colpite e la possibile penuria di medicinali, ha descritto la crisi sanitaria innescata dalle esplosioni come “simile a quella causata dalla guerra civile” tra il 1975 e il 1990.
Tre ospedali di Beirut hanno dovuto chiudere, due sono parzialmente danneggiati con una perdita notevole di posti letto e molte strutture del resto del Paese sono già piene, ha riferito l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), annunciando l’arrivo nella capitale libanese di 20 tonnellate di aiuti.
Intanto, la Croce Rossa Svizzera e Caritas Svizzera si sono mobilitate per far fronte alla catastrofe. La prima ha stanziato mezzo milione di franchi per aiuti d’emergenza e la seconda ha avviato, con la consorella locale, la distribuzione di alimentari, acqua e medicinali. La Catena della solidarietà ha lanciato una raccolta fondi.
L’esplosione, secondo gli esperti, è tra le più potenti o forse la più potente mai avvenuta nella storia dopo quelle nucleari. L’energia sprigionata ammonta a circa un decimo della bomba di Hiroshima. I danni sono stimati in 5 miliardi di euro.
Rischio di una rivolta?
Ce la farà il Libano, schiacciato tra clientelismi e corruzione, a gestire la ricostruzione? Esiste il rischio, considerata la crisi economica che ha messo in ginocchio ampie fasce della popolazione, che la rabbia si trasformerà in rivolta?
La Radiotelevisione svizzera RSI propone l’analisi di Francesco Mazzucotelli, docente di storia del Medioriente all’Università di Pavia.
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Se volete segnalare errori fattuali, inviateci un’e-mail all’indirizzo tvsvizzera@swissinfo.ch.