A meno di due giorni dal referendum cruciale per le sorti della Grecia, ma anche per i destini della stessa Unione europea, gli ultimi sondaggi indicano un’ulteriore, importante, riduzione del divario tra favorevoli e contrari al piano di aiuti concordato con i creditori istituzionali del paese. I sì vengono dati ancora in vantaggio ma con uno scarto ormai irrisorio.
Intanto la Corte Costituzionale ha rigettato il ricorso sulla legittimità del voto popolare. Nella sera si tengono ad Atene le manifestazioni dei due opposti schieramenti. Ma sia il premier Tsipras, sia il ministro delle finanze Varoufakis, che si giocano buona parte della credibilità acquisita alle elezioni di gennaio, hanno voluto sottolineare che quello di domenica non è un suffragio sull’euro o sull’appartenenza della Grecia all’Unione europea.
Mentre da molte parti, in particolare nel campo dello stesso partito di maggioranza Syriza, si osserva che dopo il voto ci sarà comunque un accordo con Ue, Fmi e Bce. Opinione non del tutto condivisa dai dirigenti europei e da molte cancellerie, a partire da quella tedesca.
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