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Trovato un accordo sul documento finale

"Un grande successo per l'America": Donald Trump esulta per il risultato di un G20 dove il presidente degli Stati Uniti rischiava di ritrovarsi completamente isolato su tutti i temi forti in agenda, dal commercio al clima passando per l'immigrazione. Invece - in attesa del boccone più grosso, il possibile accordo con la Cina - Trump incassa a Buenos Aires un compromesso che gli permette di tornare a casa cantando vittoria. Mentre agli altri leader resta la magra consolazione di aver evitato lo scontro.

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Un’escalation delle tensioni con gli Usa che avrebbero conseguenze incalcolabili in tempi in cui ricompaiono segnali di un rallentamento dell’economia globale.

Le trattative tra gli sherpa sono andate avanti per tutta la notte tra venerdì e sabato, intense ed estenuanti, per trovare la quadratura del cerchio e scongiurare una debacle come quella del G7 canadese. Nessuno scorda quando il presidente americano, con uno strappo senza precedenti, arrivò a ritirare la firma dal comunicato finale. E per primo non lo scorda proprio Trump che stavolta si è messo nelle mani del fidatissimo John Bolton, il consigliere per la sicurezza nazionale, un superfalco il cui lavoro sembra aver dato gran parte dei frutti sperati.

Così nella dichiarazione finale dei grandi della Terra è sparito il consueto passaggio sulla lotta al protezionismo necessaria – si è sempre sostenuto nei summit degli ultimi anni – per difendere un libero scambio scevro da dazi e da altre barriere commerciali. Un riferimento inevitabilmente in contrasto con la dottrina dell’America First e dunque inaccettabile per l’attuale amministrazione americana, che aveva posto la sua eliminazione tra le condizioni irrinunciabili.

Nel testo del comunicato si prende solo atto genericamente dell’esistenza di “problemi commerciali” che vanno ad aggiungersi a quei fattori di rischio che si vanno materializzando per l’economia.

Gli Stati Uniti in cambio hanno accettato di inserire nel testo l’impegno per una riforma del WTO, l’Organizzazione mondiale per il commercio, fortemente sostenuta dall’Europa e da altri Paesi tra cui Cina ed India. L’obiettivo è di migliorare il funzionamento di quell’organismo chiamato a comporre le dispute come quelle infinite tra USA e Cina. Controversie sulle tariffe, sui brevetti e sulla protezione del diritto di proprietà intellettuale.

Resta poi la spaccatura sul capitolo della lotta ai cambiamenti climatici. E se i sostenitori dell’accordo di Parigi hanno ribadito la necessità di una sua piena attuazione, gli Stati Uniti hanno ottenuto l’inserimento di un paragrafo a parte in cui ribadiscono la loro uscita dall’intesa, sfilandosi da ogni impegno. Mentre tra i passaggi saltati c’è anche quello sul legame tra le emissioni causate dall’inquinamento dell’uomo e il fenomeno del cambiamento climatico. Anche questa una vittoria per lo scettico Trump, che però ha cancellato la sua conferenza stampa finale per rispetto nei confronti della famiglia Bush.

E prima dell’attesissimo faccia a faccia con Xi Jinping, il Trump ha trovato anche lo spazio per un breve colloquio, del tutto informale, con Vladimir Putin, dopo il gelo seguito alla cancellazione del meeting ufficiale per via delle tensioni tra Russia e Ucraina. Che cosa si siano detti i due leader per ora non è dato sapere, mentre il segretario di stato Mike Pompeo definisce “grottesco” affermare che il faccia a faccia sia saltato per gli sviluppi del Russiagate.




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