L’Europa da tempo tenta di diversificare il proprio approvvigionamento in gas. In particolare tenta di essere meno dipendente dalla Russia, che qualche anno fa, per una disputa con l’Ucraina, lasciò il continente al freddo.
Russia che oggi, sempre a causa dell’Ucraina, è in parte poco affidabile per l’UE. Per raggiungere l’obiettivo, naufragato il progetto Nabucco che dalla Turchia puntava verso Vienna, adesso si scommette sulla rotta a Sud attraverso la Grecia e l’Albania. Il progetto si chiama TAP – Trans Adriatic Pipeline – e contiene anche un po’ di know how svizzero.
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Ha 50 anni, è partito dal Piemonte un anno fa per combattere i separatisti filorussi. Ora è tornato in Italia e, insieme a molti svizzeri e stranieri, organizza gli aiuti per i soldati al fronte.
Nell'est dell'Ucraina lo chiamano "Don". È il nome di battaglia di un italiano che ha deciso di combattere nel battaglione Azov, contro i separatisti filorussi. A Kiev ci è arrivato quando stava montando la protesta a Maidan e da allora ha deciso di arruolarsi imbracciando armi e vestendo la mimetica. In Italia era militante nell'estrema destra: "In Ucraina ho combattuto per un'ideale e per lealtà nei confronti dei miei camerati", spiega ora che è tornato in Piemonte dalla sua famiglia.
Nel Donbas gli stranieri stanno giocando un ruolo fondamentale: moltissimi sono al fronte a combattere e altrettanti dai loro Paesi si sono organizzati in reti d'aiuto per spedire cibo, soldi e attrezzatura militare. "Noi di destra siamo riuniti nella Misantropic Division alla quale appartengono anche molti svizzeri. E' solo un altro modo per combattere la guerra nell'est".
Ilaria Morani
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