Colpo di Stato in Myanmar, arrestata Aung San Suu Kyi
Le forze armate del Myanmar hanno preso il potere nel Paese con un colpo di Stato contro il governo del premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, messa in detenzione con altri leader del suo partito durante dei raid iniziati la prima mattina lunedì.
L’esercito ha comunicato di aver agito in risposta a “frodi elettorali” e ha consegnato il potere al generale Min Aung Hlaing, dichiarando al contempo lo stato di emergenza per un anno.
Il golpe fa deragliare anni di sforzi, sostenuti dai Paesi occidentali, per stabilire la democrazia in Myanmar, nel quale la vicina Cina ha a sua volta una potente influenza.
I generali hanno fatto la loro mossa qualche ora prima dell’apertura della sessione parlamentare, la prima in programma dopo le elezioni dello scorso novembre, vinte dalla Lega nazionale per la democrazia (LND), il partito di Aung San Suu Kyi.
Le connessioni telefoniche e di internet nella capitale Naypitaw e a Yangon sono state in gran parte interrotte così come i programmi della televisione nazionale. Lunedì mattina soldati e polizia vigilavano nelle strade di Yangon mentre gli abitanti si affrettavano verso i mercati per fare provviste o si mettevano in coda ai bancomat per prelevare contante. Le banche hanno sospeso in seguito l’attività a causa delle pessime connessioni web.
Le tensioni tra il governo civile e esercito sono costantemente aumentate dopo le elezioni, vinte dalla LND che ha raccolto l’83% delle preferenze. Si trattava del secondo scrutinio da quando la giunta militare ha deciso di spartire il potere nel 2011.
In una citazione di Suu Kyi postata dalla LND su Facebook poco prima del golpe, la leader aveva anticipato la mossa delle forze armate e sottolineato il rischio che il paese torni “sotto dittatura” .
“Esorto la popolazione a non accettarlo, a rispondere e a protestare con tutto il cuore contro il colpo di Stato dei militari”, si leggeva.
Denuncia dei Paesi occidentali
Il golpe è stato immediatamente denunciato con fermezza dai Paesi occidentali che chiedono l’immediata liberazione dei leader politici e il rispetto del risultato delle elezioni. Un appello lanciato quasi all’unisono, tra gli altri, da Italia, Regno Unito, Francia, i vertici dell’Unione Europea e Svizzera.
Il Dipartimento federale degli esteri (DFAE) “sostiene le aspirazioni del popolo del Myanmar per la democrazia, la pace e lo sviluppo e invita l’esercito a invalidare immediatamente le sue azioni”, hanno comunicato i servizi del ministro degli esteri elvetico Ignazio Cassis.
Pechino ha chiesto che venga “salvaguardata la stabilità politica e sociale” del Paese. La Cina è “un vicino amichevole del Myanmar e spera che tutte le parti nel Paese possano gestire adeguatamente le differenze nell’ambito del quadro costituzionale e legale”, ha comunicato il ministero degli esteri.
Il commento della nostra inviata:
tvsvizzera.it/Zz/ats/reuters con RSI (TG del 01.02.2021)
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