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Il nuovo governo britannico sotto il segno della diversità etnica

Due donne al timone del Regno Unito (una prima assoluta) e tanta diversità etnica (non solo di genere) fra le caselle ministeriali chiave. È la fotografia della compagine di governo che Liz Truss ha iniziato a comporre in serata dopo aver ricevuto la benedizione della regina per succedere a Boris Johnson come nuovo primo ministro britannico.

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Tra le prime nomine spicca la promozione di Therese Coffey, 51enne deus ex machina della scalata di Liz Truss a Downing Street, da ministra del Lavoro a titolare della Sanità e soprattutto vicepremier. 

Senza contare la scelta di una terza donna, Wendy Morton, per la carica di chief whip, ministro capogruppo delegato alla cruciale sorveglianza della disciplina di maggioranza alla Camera dei Comuni. 

Mentre per 4 dei 5 dicasteri più tradizionalmente importanti si segnala il balzo in avanti di una drappello di esponenti neo-conservatori provenienti da minoranze etniche dell’ex impero, tutti sostenitori della Brexit.

A cominciare da Kwasi Kwarteng, 47ennne ammiratore di Margaret Thatcher di origini familiari ghanesi, promosso da ministro delle Attività Produttive a cancelliere dello Scacchiere (ossia super ministro dell’Economia); da James Cleverly, la cui madre emigrò nel Regno dalla Sierra Leone, indicato a 53 anni compiuti giusto l’altro ieri quale successore di Truss agli Esteri dopo essere stato brevemente titolare dell’Istruzione e in precedenza numero 2 al Foreign Office.

O ancora dalla 42enne emergente pasionaria della destra conservatrice, Suella Braverman, figlia di genitori indiani, in arrivo all’Home Office (gli Interni) dopo essere stata attorney general nel governo di BoJo, al posto di un’altra donna in fama di falco, Priti Patel, di radici indiane come lei ma fin troppo controversa (dalle accuse di bullismo al flop del piano Ruanda contro l’immigrazione) per poter essere confermata.

Fra chi resta al suo posto, si preannuncia viceversa il caso di Ben Wallace alla Difesa, popolare ex militare di carriera, garante della linea dura contro la Russia di Vladimir Putin e dei programmi di armamento in favore dell’Ucraina, nonché unico volto di pelle bianca rimasto a capo di un ministero top. 

Mentre fra chi esce di scena, oltre a Patel, spunta il nome della ormai ex titolare della Cultura, Nadine Dorries, fedelissima di Johnson ma anche sostenitrice della prima ora di Truss, fattasi da parte spontaneamente non tanto poiché divisiva quanto perché già destinata a trasferirsi armi e bagagli su uno scranno a vita della Camera non elettiva dei Lord, fra i nuovi pari del Regno d’imminente nomina beneficati dalla cosiddetta “lista d’onore” compilata secondo prassi dal premier uscente. 

Ma soprattutto pagano dazio ex ministri brexiteer moderati come Dominc Raab, Steve Barclay o Grant Shapps: tutti schieratisi con il rivale di Truss nella corsa al dopo Boris, l’ex rampante giovane cancelliere Rishi Sunak, altro escluso eccellente dalla lista.


 

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