I maggiori paesi produttori di greggio si sono impegnati a ridurre la produzione di 9,7 milioni di barili al giorno. L'accordo pone così fine alla guerra dei prezzi.
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tvsvizzera.it/mar/ats con RSI (TG del 13.4.2020)
L’intesa raggiunta in seno all’Opec dopo una settimana di trattative si è subito tradotta in un aumento dei prezzi, con le quotazioni dell’oro nero che sono salite del 9%, arrivando a quasi 25 dollari al barile.
Il taglio di 9,7 milioni di barili al giorno, meno dei 10 milioni inizialmente previsti ma pur sempre la riduzione più importante della storia e pari a circa il 10% della produzione giornaliera, sarà effettivo da maggio.
Il Messico ha raggiunto un’importante vittoria: ridurrà la sua produzione di 100’000 barili al giorno, molto meno di quanto chiesto all’inizio. Il Paese centroamericano, secondo indiscrezioni, rivaluterà la sua posizione dopo due mesi dall’entrata in vigore dell’intesa.
Gli Stati Uniti, il Brasile e il Canada contribuiranno con un taglio complessivo di 3,7 milioni di barili. All’intesa si è arrivati grazie anche alla mediazione di Donald Trump che, per facilitare un accordo, ha messo sul piatto la possibilità di conteggiare il taglio della produzione degli Stati Uniti come una riduzione del Messico.
Un’ipotesi inizialmente respinta dall’Arabia Saudita che, sotto forte pressione, avrebbe poi accettato l’offerta nella consapevolezza che la mancanza di un accordo avrebbe potuto far crollare i prezzi del petrolio ancora più in basso.
Le quotazioni del greggio, già in calo per l’eccessiva capacità, sono state affondate dal coronavirus, che ha ridotto di un terzo la domanda petrolifera. Proprio l’Arabia Saudita insieme alla Russia è il paese chiamato alla riduzione maggiori.
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