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Regno Unito alle urne tra Brexit e incubo terrorismo

I cittadini britannici si sono recati alle urne giovedì per le elezioni legislative anticipate. Inizialmente viste solo come un tentativo di Theresa May di rafforzare la maggioranza conservatrice in Parlamento, dopo gli attentati di Manchester e Londra il tema del terrorismo è entrato di prepotenza nella campagna. 

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Dopo il voto del 2015 e il referendum che ha decretato la Brexit nel 2016, i britannici sono tornati alle urne – in un clima di sorveglianza blindata, sulla scia dei recenti attacchi di Manchester e Londra – per le elezioni anticipate volute da Theresa May con l’obiettivo di accrescere la maggioranza conservatrice in Parlamento e avere le mani libere nei negoziati con l’Unione europea, ma anche su tutti i dossier che incombono: dalle incognite sull’economia all’allarme terrorismo.

Per la premier conservatrice c’era da tenere a bada il tentativo di rimonta del laburista Jeremy Corbyn, indietro nei pronostici, ma capace di condurre a 68 anni una campagna frizzante, con una versione rinnovata del suo programma da vecchio socialista, e di risvegliare entusiasmi sopiti fra giovani e meno fortunati. 

Dalle ultime indicazioni la May dovrebbe avercela fatta, forse grazie all’accelerazione finale sugli slogan da ‘donna forte’: decisa da un lato a garantire “gli interessi nazionali” britannici al tavolo con Bruxelles nell’ambito di una Brexit senza se e senza ma; dall’altro a rispondere al terrorismo con “una guerra” senza quartiere, anche al prezzo di abolire qualche tutela dei diritti umani.

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Ma la portata di questa vittoria annunciata, se di vittoria si tratterà, dipende ora tutta dai numeri, in un paese le cui divisioni il voto non pare poter sanare, né tra ricchi e poveri (“i pochi e i molti”, nel messaggio laburista); né tra chi vuole la Brexit e chi non l’avrebbe voluta e almeno la vuole ‘soft’; né tra le varie sue nazioni (in primis Scozia e Inghilterra) o all’interno di esse.


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