I nordcoreani obbligati a votare il candidato unico
I nordcoreani si sono recati alle urne domenica per eleggere l’Assemblea suprema del popolo, il legislativo formato da 687 parlamentari che viene rinnovato ogni cinque anni.
Fin dalla mattina presto si sono formate lunghe file ai seggi dove gli elettori hanno espresso il loro voto in favore dell’unico candidato in lizza nelle singole circoscrizioni, che ottiene immancabilmente il 100% dei suffragi.
La scheda intonsa con il nome dell’unico candidato viene depositata nell’urna davanti a tutti e nessuno si azzarda a utilizzare la cabina a disposizione poiché questo comportamento potrebbe destare sospetti. Teoricamente l’elettore avrebbe la facoltà di barrare il nominativo proposto disapprovandone l’elezione ma anche in questo caso la polizia politica avrebbe da ridire e le conseguenze sarebbero pesanti.
Oltre ai rappresentanti del Partito del lavoro del presidente-dittatore Kim Jong-un erano in lista rappresentanti della coalizione fronte democratico per la riunificazione della patria, vale a dire il Partito socialdemocratico di Corea e il Partito Chondoista Chongu di orientamento religioso, formazioni che comunque non si differenziano nei programmi dal primo.
In Corea del Nord la manifestazione del diritto di voto non è una facoltà ma un obbligo. Nelle precedenti consultazioni del 2014 il tasso di partecipazione è stato del 99,97% (tra alcuni giorni sarà diffuso il dato di quest’anno): lo 0,3% degli astenuti riguarda in realtà persone impossibilitate a votare poiché molto ammalate o semplicemente perché decedute alcuni giorni prima.
Inoltre è caldamente raccomandato di recarsi alle urne fin dalle prime ore della giornata elettorale poiché in caso contrario sorgerebbero dubbi sull’effettiva lealtà ed entusiasmo del cittadino a partecipare all’evento indetto dal regime. Fuori dai seggi i votanti sono soliti ballare sulle note di bande musicali e le strade sono addobbate a festa.
Il fatto poi che l’Assemblea suprema del popolo, una volta eletta, non abbia alcun potere, non sembra preoccupare più di tanto i coreani: l’unica sua prerogativa è infatti quella di ratificare le leggi prese dal Partito del lavoro, anche se teoricamente potrebbe modificare la Costituzione e revocare la guida suprema. Ma la storia insegna che è assolutamente escluso che possa avvenire.
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