In un documentario prodotto 'dal basso', un viaggio verso il più grande campo profughi d'Europa, tra italiani che temono per il loro futuro e migranti che rischiano la vita per averne uno
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Cresciuto a due passi dalla frontiera con l'Italia, sono approdato a tvsvizzera.it dopo anni di radio. Per il sito ho curato, più di altro, le serie divulgative sulla Svizzera, le interviste-ritratto, la ricerca di perle d'archivio. Iniziali: ri
Presentato martedì a Locarno, nell’ambito della rassegna ‘Cinemagia’, ‘Lo stesso mare’ è prima di tutto un viaggio. Il regista Stefano Ferrari ha raggiunto la Sicilia dalla Svizzera a bordo di un furgone carico di vestiti da donare, e la gente che ha incontrato sulla strada -racconta- gli ha spesso chiesto “se poteva dare qualcosa, dimostrando di comprendere l’urgenza, l’esodo epocale dall’Africa all’Europa”.
Destinazione: Mineo, nell’entroterra siciliano, 60 chilometri da Catania, dove sorge il campo profughi più grande d’Europa. Accoglie più di quattromila persone nelle case che, un tempo, erano abitate dalle famiglie dei militari americani di stanza a Sigonella. Una cittadina, dunque, con vere case e strade, nella quale sono sorte persino piccole attività commerciali.
Il perimetro di questo Centro di accoglienza per richiedenti asilo, però, è percorso dal filo spinato. Non c’è posto per tutti: i migranti giunti in Italia nel solo 2014, per dare un’idea, sono trenta volte tanto.
Il regista
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Stefano Ferrari
–che firma ‘Lo stesso mare’ insieme a Christine Fornera e Gerardo Wuthier- ha voluto andare oltre la contabilità degli sbarchi, per conoscere da dove vengono, che faccia hanno, cosa sognano queste persone. Ha quindi intrapreso un viaggio dalla Svizzera alla Sicilia, “tra chi fatica a vedere un futuro” –gli italiani incontrati lungo la strada- “e chi rischia la vita per averne uno”, i migranti dentro e fuori dal Cara. Per esempio sotto un viadotto, dove è accampato un gruppo di afghani, e dove nonostante le scomodità regna l’allegria, per aver finalmente messo piede in Europa.
A Mineo, il regista può contare sulla guida di Enos Nolli, direttore e operatore di una Onlus (GiM – Gioventù in missioneCollegamento esterno) con una sede amministrativa in Ticino (dal 1985) e quattro sedi operative in Italia (Lombardia, Sardegna, Umbria e Sicilia). GiM opera anche in campo internazionale, e per quanto riguarda l’assistenza ai profughi è particolarmente attiva dalla prima ondata migratoria della cosiddetta Primavera araba. È in quello stesso anno che dal residence dei militari americani fu ricavato il Centro di accoglienza e che Nolli –dopo un periodo a Lampedusa- aprì una sede in paese a Mineo. GiM ha poi ottenuto il permesso di operare anche all’interno del Centro.
‘Lo stesso mare’ è finanziato con la formula collettiva detta ‘crowdfunding’. Dalle prime 150 adesioni, raccolte in poco tempo con il passaparola e con Internet, oggi i sottoscrittori sono 190. Ci sono persone di ogni estrazione (“la casalinga, il falegname, lo scrittore, la regista, …”). Con le loro quote sarà pagato non il lavoro di Ferrari, che ha preferito girare da volontario, e ricevere dai suoi “produttori” soltanto commenti e suggerimenti, nonché sostegno nella diffusione del film. Il denaro serve per il montaggio e la post-produzione. È in cantiere anche una stampa in dvd.
Intanto, il Festival del film per i diritti umani di Ginevra (che si terrà dal 27 febbraio all’8 marzo 2015) ha confermato il suo interesse per la pellicola. I sottotitoli in francese e tedesco sono pronti.
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