La premier britannica Theresa May ottiene la fiducia del Parlamento, all'indomani della bocciatura dell'accordo sulla Brexit raggiunto con l'UE. La mozione contro il governo presentata dal leader dell'opposizione laburista, Jeremy Corbyn, è stata respinta.
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tvsvizzera.it/ATS/ri con RSI (TG del 16.01.2019)
La Camera dei Comuni ha rigettato la mozione di sfiducia con 325 voti contro 306. Il governo mantiene così la maggioranza per 19 voti, nonostante la sconfitta pesante di martedì (432 ‘no’, 202 ‘sì’) sull’accordo di divorzio tra Regno Unito e Unione Europea
Corbyn si è detto disposto a incontrare May sul dossier Brexit, ma ha chiesto alla premier conservatrice di “togliere dal tavolo” qualunque ipotesi di divorzio “no deal” (senza accordo).
Anche il capogruppo degli indipendentisti scozzesi dell’Snp, Ian Blackford, ha dato la sua disponibilità a un confronto “costruttivo”, pur ribadendo la differenza delle posizioni.
Parola d’ordine: attuare
Di fronte ai Comuni, Theresa May si è detta dal canto suo pronta a incontrare da subito tutti i leader dell’opposizione per cercare di trovare una linea comune con l’obiettivo di “attuare la Brexit”.
May ha aperto quindi anche a un incontro faccia a faccia con Jeremy Corbyn, finora negato.
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Il Parlamento, ha dichiarato ancora la premier, “ha confermato la fiducia nel governo”, ora bisogna attuare la Brexit perché “il Paese continui ad aver fiducia nel Parlamento”.
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Rassicurazioni non vincolanti da parte europea. È il magro bottino raccolto dalla premier britannica Theresa May durante il vertice europeo.
“Umiliazione”, “fallimento”. I quotidiani britannici hanno definito anche così il tentativo della premier Theresa May di ottenere concessioni da parte europea sull'accordo raggiunto lo scorso mese sulla Brexit. Concessioni che le sarebbero servite per convincere il Parlamento britannico ad accettare l’intesa faticosamente raggiunta con l’Unione. La stessa May aveva ammesso che, nella situazione attuale, l’accordo verrebbe affossato da Westminster.
In particolare, la premier auspicava di ottenere delle rassicurazioni giuridicamente vincolanti sulla clausola del “backstop irlandese”, che obbligherebbe la Gran Bretagna a sottostare ai regolamenti commerciali europei fino a che non sarà trovato un modo per evitare un dannoso confine “duro” tra Irlanda e Irlanda del Nord.
Un magro bottino
Davanti ai 27 al vertice europeo a Bruxelles, May ha sostenuto di credere che alla Camera dei comuni vi sia "una maggioranza che vuole dare seguito al referendum ed uscire con un accordo negoziato", sollecitando i partner europei ad aiutarla a cambiare la percezione dei parlamentari sul backstop.
Ma la risposta è stata negativa e ancora una volta i leader europei hanno ripetuto: "L'accordo non si tocca, ma possiamo aiutare con chiarimenti politici". E così è stato. I partner si sono limitati a pubblicare una dichiarazione in cui chiariscono lo scopo ed il funzionamento del “backstop”, impegnandosi a fare tutto il possibile perché non entri mai in vigore, ed eventualmente duri il meno possibile. Ma il tutto senza garanzie giuridiche vincolanti che avrebbero certamente aiutato a convincere il Parlamento britannico.
Quest’ultimo dovrebbe esprimersi sulla questione tra il 7 e il 21 gennaio. Nel caso l’accordo venisse respinto, gli scenari ipotizzati variano da un secondo referendum sulla Brexit a un divorzio dall’Ue senza accordo.
In seno all'Unione ci si sta già preparando a quest’ultima, temuta, possibilità. Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha annunciato la pubblicazione di tutte le informazioni necessarie per affrontare un’eventuale “hard brexit” mercoledì prossimo.
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