La Corte suprema degli Stati Uniti ha respinto il ricorso del Texas, sostenuto da altri Stati USA e dall'amministrazione Trump, nel quale si chiedeva di invalidare il risultato del voto in Georgia, Michigan, Pennsylvania e Wisconsin, e ribaltare così l'esito delle presidenziali americane dello scorso 3 novembre.
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Il ricorso era stato presentato dal procuratore generale del Texas Ken Paxton ed era appoggiato da altri 18 Stati, oltre che da 126 membri repubblicani del Congresso. Vi si accusavano i dirigenti di Georgia, Michigan, Pennsylvania e Wisconsin -che in occasione delle ultime elezioni hanno modificato le loro procedure di voto- di non aver protetto dalle frodi il voto per posta.
Le azioni legali intentate dall’amministrazione Trump per cercare di impedire la certificazione della vittoria del democratico Joe Biden sono oltre 40.
Il Texas chiedeva quindi di non contare i complessivi 62 grandi elettori dei quattro Stati e di rinviare la riunione del 14 dicembre in cui il collegio elettorale è chiamato ad eleggere formalmente il presidente. Senza quei 62 voti Joe Biden, che ne ha totalizzati 306, sarebbe sceso sotto la soglia dei 270 necessari per accedere alla Casa Bianca.
La Corte Suprema, malgrado la più che netta maggioranza di giudici conservatori, non è neppure entrata in materia. Ciò che Trump ha definito su Twitter “un enorme e vergognoso fallimento della giustizia”, accusando l’Alta corte di non aver avuto “coraggio e saggezza”.
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Mentre centinaia di sostenitori di Trump stanno di nuovo convergendo sulla capitale per protestare contro l’elezione di Biden -ci sarebbero tafferugli e sabato sarebbero scattati anche alcuni arresti- tra i repubblicani ci si interroga sul futuro del partito. Cosa faranno i repubblicani? E cosa farà Donald Trump?
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Il servizio del corrispondente RSI
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