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Telecom Francia e il mobbing che uccide

La privatizzazione di France Telecom provocò decine di suicidi tra gli impiegati (58 per i sindacati). I dirigenti della società sono ora accusati di un reato di "persecuzione morale", ovvero di aver fatto mobbing creando un clima "ansiogeno" tra i dipendenti. Il processo ora è giunto alla fine. La sentenza è attesa in autunno.

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“Didier Lombard, Louis-Pierre Wenès, Olivier Barberot, e in minor misura i loro quattro zelanti complici, possono definire così le loro azioni: fare mobbing è il nostro mestiere”. Non ha rinunciato ad una frase ad effetto la procuratrice Françoise Benezech per descrivere l’operato dei dirigenti di France Telecom accusati di un reato di “persecuzione morale”, ovvero di aver fatto mobbing creando un clima “ansiogeno” tra i dipendenti per convincerli a partire a qualsiasi costo.

Tutto inizia nel 2005 quando Didier Lombard diventa Direttore generale di France Telecom. Il gestore statale ha oltre 100 mila dipendenti – buona parte funzionari statali non licenziabili – un debito che supera i 45 miliardi di euro e – secondo i dirigenti – sta perdendo la scommessa della telefonia mobile. L’azienda è in parte privatizzata e Lombard lancia un piano di risanamento che prevede 22 mila esuberi su 3 anni per ottenere un cash flow di 7 miliardi di euro.

Licenziare in qualsiasi modo

Il dirigente afferma da subito che effettuerà i licenziamenti in un modo o in un altro “passando dalla porta o dalla finestra”. Una frase tragicamente premonitrice perché seguiranno decine di suicidi tra i dipendenti, alcuni dei quali si gettano dalla finestra del posto di lavoro. Il processo, che si chiude giovedì a Parigi, ha riconosciuto ufficialmente 39 vittime: 8 persone cadute in depressione, 12 tentativi di suicidio, 19 suicidi.  Per i sindacati quest’utimo numero si innalza a 58. “Per questo mobbing […] commesso in banda organizzata da persone che abusano del loro potere, vi chiedo di pronunciare la pena massima” ha detto la pm Benezech ai giudici.

Il codice penale francese prevede un anno di prigione e 15 mila euro di multa per i tre dirigenti e 75 mila euro per l’azienda in qualità di persona morale. Pene che molte vittime e famigliari considerano risibili rispetto alle perdite umane e alla sofferenza generate. La sentenza si dovrebbe conoscere in autunno.

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