Non si placa la violenza in Nicaragua
Centinaia di persone sono morte negli ultimi tre mesi in Nicaragua, mentre la comunità internazionale chiede a gran voce la fine della repressione violenta nei confronti dei manifestanti, che si oppongono al presidente Daniel Ortega.
Il movimento di protesta, che vede in prima fila gli studenti, è iniziato lo scorso aprile. Accusano il capo dello Stato Daniel Ortega e la moglie Rosario Murillo, la vicepresidente, di aver messo in piedi una “dittatura” caratterizzata da corruzione e nepotismo.
Le manifestazioni sono state violentemente represse, dalla polizia e da gruppi paramilitari filogovernativi, con il bilancio dei morti che cresce quasi quotidianamente, sfiorando ormai le 300 persone. Ortega intanto punta il dito fuori dal paese, alle interferenze internazionali (in primis della Cia), causa dei mali del paese più povero dell’America centrale.
Gli avversari politici domandano le dimissioni di Ortega e del suo entourage oppure elezioni anticipate, ma anche il sistema giudiziario che potrebbe permetterlo sostiene il presidente.
Appelli internazionali
Negli ultimi giorni si sono intanto moltiplicati gli appelli internazionali che chiedono la fine delle violenze. Tredici paesi dell’America latina hanno firmato una dichiarazione congiunta per esortare Ortega a “riattivare il dialogo nazionale tra le parti per cercare una soluzione pacifica”. Così chiede anche la diplomazia europea mentre gli Stati Uniti hanno chiesto “la fine della repressione contro il popolo”.
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