Si è aperto martedì alla Corte Suprema di Madrid il processo contro l'ex vicepresidente catalano Oriol Junqueras e 11 leader separatisti. L'accusa, formulata dopo 14 mesi di indagini, è di ribellione, sedizione e malversazione di fondi pubblici per il loro ruolo nel referendum sull'indipendenza della Catalogna del 2017.
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tvsvizzera.it/ATS/ri con RSI (TG del 12.02.2019)
Nonostante la prima udienza fosse dedicata agli adempimenti preliminari, gli avvocati della difesa hanno subito parlato di ‘processo politico’, hanno reclamato le prove a carico (alle quali dichiarano di non aver avuto accesso) e contestato la legittimità del tribunale supremo, sostenendo la nullità del processo.
Hanno rivendicato inoltre il diritto all’uso della lingua catalana in aula.
Manifestazioni e attenzione mediatica
Per protesta contro l’avvio del dibattimento, dimostranti hanno bloccato in giornata le autostrade della Catalogna. Le autorità hanno in seguito chiuso al traffico alcune strade principali di Barcellona.
Il processo, trasmesso integralmente in streamingCollegamento esterno e in televisione, è stato definito dal presidente del governo indipendentista catalano Quim Torra come il giudizio non solo di 12 leader politici ma anche di “2,3 milioni di cittadini che andarono a votare”.
Tanti furono i catalani che parteciparono alla consultazione del 1° ottobre 2017, dichiarata illegale da Madrid e seguita, il 27 ottobre, da una dichiarazione unilaterale di indipendenza dell’allora presidente della comunità autonoma, Carles Puigdemont.
La rivendicazione rimane
Il successore Torra, in un’intervista a cinque testate europee, chiede al premier spagnolo Pedro Sanchez “di avere coraggio” e accettare che si celebri un referendum sulla secessione della Catalogna.
Sanchez, già nel mirino della destra che invoca elezioni anticipate, mercoledì sottoporrà al Parlamento la sua legge di bilancio e dispone solo di un quarto dei seggi. Cruciali sono dunque anche i voti dei nazionalisti catalani, che tornano appunto a chiedere garanzie sull’eterno nodo dell’autodeterminazione.
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Nel processo “si sta giudicando la democrazia e il diritto al voto”, ha detto ancora il presidente Quim Torra. In caso di mancata assoluzione, precisa, “ho preso comunque l’impegno di andare in parlamento per proporre una risposta democratica basata sul diritto all’autodeterminazione”.
“Stress-test per la democrazia”
Da parte sua l’ex presidente catalano Carles Puigdemont, rifugiatosi in Belgio, parla di “Stress test per la democrazia spagnola”.
In un’intervista al quotidiano svizzero Tages-Anzeiger, dichiara che è inaccettabile che gli accusati rischino fino a 25 anni, poiché la Costituzione spagnola consente la tenuta di referendum consultivi su questioni importanti. E se anche la consultazione fosse anticostituzionale, ritiene, si tratterebbe di disobbedienza e non di un atto criminale.
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A proposito dell’Unione Europea, Puigdemont sostiene che i separatisti sapevano fin dall’inizio che Bruxelles avrebbe appoggiato lo Stato spagnolo, come aveva fatto prima in casi analoghi. Ma della Slovenia, ricorda l’ex presidente della Generalitat, l’UE ha infine dovuto riconoscere l’indipendenza.
L’ex President ha comunque sottolineato che i separatisti catalani non intendono far uso della violenza. “Non si ripeterà un caso basco”.
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