Possibili sanzioni alla Polonia, quali strade per l’UE?
Dopo l’approvazione alla camera bassa del parlamento polacco della riforma che di fatto mina l’autonomia del potere giudiziario del paese, la minaccia dell’Unione europea di attivare l’art. 7 del Trattato sull’UE non avrà verosimilmente seguito, poiché l’Ungheria ha assicurato che voterà con Varsavia (e per l’art 7 serve l’unanimità). Quali strade può dunque intraprendere Bruxelles? L’analisi del corrispondente della Radiotelevisione svizzera Thomas Miglierina.
A Varsavia, il voto del Senato sulla controversa riforma della Corte Suprema, che di fatto metterebbe il potere giudiziario sotto il controllo dell’esecutivo, è per molti scontato. E se effettivamente approvata, mancherebbe solo la firma del presidente Duda perché entri in vigore.
La Commissione europea aveva già aperto un’inchiesta lo scorso anno per determinare se le misure di Varsavia costituiscono una minaccia per lo Stato di Diritto. Mercoledì scorso è arrivata anche l’esplicita minaccia. Congelate le riforme o applicheremo l’articolo 7 del trattato sull’unione europea. Un articolo che permette sanzioni come la sospensione del diritto di voto in seno all’UE.
Il governo polacco però può permettersi di non sentire, perché l’articolo 7 richiede l’unanimità degli Stati membri e l’Ungheria ha già detto che voterebbe a favore di Varsavia.
A Bruxelles rimangono altre strade non però di facile attuazione. È stata già evocata ad esempio la procedura di infrazione, quella con cui Bruxelles sorveglia che il diritto degli stati membri non vada contro il diritto dell’Unione, ma ci vuole una solida base legale per intervenire, altrimenti la decisione rischia di essere invalidata dalla Corte di giustizia. E la Polonia non sottostà alla carta dei diritti fondamentali dell’UE che dieci anni fa aveva negoziato un “opt out”.
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