In Siria, è salito ad almeno 70 il bilancio dei morti degli attentati di domenica a Damasco, rivendicati dall’autoproclamato Stato islamico. Mentre a Ginevra i colloqui di pace tra il regime e le opposizioni sono sempre in stallo.
Due esplosioni, forse tre, in rapida successione. Lo Stato islamico domenica è riuscito a superare i checkpoint e entrare nella Damasco blindata dai lealisti, e ha colpito uno dei luoghi più sacri agli sciiti, il santuario che custodisce la tomba della figlia di Ali, considerato dagli sciiti l’unico legittimo successore di Maometto. Almeno 70 i morti, un centinaio i feriti.
Le esplosioni sono avvenute proprio mentre a Ginevra stanno partendo a fatica i colloqui di pace tra il regime di Assad e una delegazione dei ribelli sunniti, entrambi sotto il fuoco incrociato di accuse e diffidenza.
Anche se l’attentato di ieri ha il sigillo del califfo, Damasco non fa distinzione e per bocca del suo capo negoziatore non si è fatta fuggire l’occasione per puntare il dito contro l’intera opposizione, “legata chiaramente ai terroristi”.
Mentre il portavoce dell’opposizione ha parlato chiaro e ha chiesto misure umanitarie. “Non negozieremo”, ha detto, “finché Damasco non cesserà i raid aerei e toglierà l’assedio ai 18 villaggi in cui la popolazione sta morendo di fame”.
L’inviato speciale delle Nazioni Unite Staffan de Mistura, che sta mediando tra le parti, fa però trasparire ottimismo. Oggi, lunedì, a Ginevra si incontreranno i delegati di Stati Uniti e Russia, le due potenze che patrocinano le parti e da cui molto dipende.
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