Wuhan una metropoli sottochiave
La testimonianza del giornalista di France Télévisions, Arnaud Miguet, dalla città cinese epicentro dell’epidemia di coronavirus: “Qualcosa di mai visto prima”.
Wuhan è l’epicentro dell’epidemia di coronavirus, che ha ormai provocato oltre 700 morti, per la stragrande maggioranza in Cina. In questa metropoli si vive ormai reclusi. Abbiamo raggiunto al telefono Arnaud Miguet, giornalista dell’emittente pubblica France Télévisions, che da tre anni lavora in Cina e che allo scoppio della crisi si è recato insieme al suo cameraman a Wuhan.
Arnaud Miguet: “Siamo arrivati qui mercoledì 22 gennaio con un volo regolare da Pechino. Il 23 gennaio all’improvviso la città è stata chiusa, le autorità hanno dichiarato l’isolamento durante la notte. Alle 10 del mattino successivo non c’erano più treni, aerei, c’erano posti di blocco sulle strade per impedire agli abitanti di uscire. Siamo quindi rimasti bloccati qui, saremmo rimasti comunque. Siamo qui da 18 giorni.”
Sapete quando potrete lasciare Wuhan?
“Oggi arriva un terzo aereo rimpatriare gli europei. È un volo britannico che imbarcherà cittadini inglesi ma anche una trentina francesi. Noi abbiamo fatto la scelta di restare perché viviamo e lavoriamo in Cina, vogliamo restare per testimoniare e raccontare.”
Qual è la situazione in questo momento a Wuhan? Una metropoli ricordiamolo da 11 milioni di abitanti nel centro della Cina…
“È qualcosa di mai visto prima. La città è tuttora sottochiave, in quarantena. Agli abitanti si chiede di restare a casa. Certo possono uscire, ma quando lo fanno sono sottoposti alla misurazione della temperatura. C’è qui una sorta di caccia alla febbre. È una città congelata. Improvvisamente si sentono gli uccellini, non ci sono più auto, non vanno metropolitana e bus, non ci sono più trasporti pubblici. È una città di edifici e di strade dove la gente aspetta … aspetta con grande pazienza. Per chi è malato la situazione è difficile. Gli ospedali sono stracolmi. Sono stati requisiti teatri, stadi, centri espositivi e anche hotel per ricoverare i malati lievi, i più gravi sono negli ospedali.”
Ci sono problemi negli approvvigionamenti di cibo e altri beni di prima necessità, qual è la situazione?
“No, non ci sono problemi al momento. Quello che manca, come in tutto il mondo d’altronde, sono le mascherine per proteggersi e i farmaci per curare la febbre. Gli approvvigionamenti continuano: camion che portano cibo e altri beni hanno le autorizzazioni per entrare in città. Ieri, siamo stati in alcuni supermercati, gli unici negozi aperti, insieme alle farmacie. Non abbiamo costatato problemi di penuria, forse i prezzi sono un po’ aumentati ma si trovava di tutto, riso, pasta carne, acqua. La gente esce una o due volte alla settimana per fare la spesa.”
Sappiamo che c’è stata molta rabbia per la morte del giovane medico punito per aver lanciato l’allarme di una possibile epidemia che poi si è avverata. Come sta reagendo la gente?
“La rabbia si è espressa sui social media con messaggi molto duri nei confronti delle autorità. È raro che ciò accada, non ci sono molti precedenti. I social media sono stati subito censurati, in particolare l’hashtag “vogliamo la libertà d’espressione”. Le autorità hanno risposto con l’apertura di un’inchiesta sulla morte del medico. Certo questa epidemia è una minaccia per tutti e sta suscitando un sentimento di rivolta”.
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