Negli Stati Uniti, la rivista Time ha incoronato Donald Trump persona dell’anno 2016. Un riconoscimento che dal lontano 1927 premia personalità che hanno lasciato -nel bene o nel male, in modo indelebile o anche solo di passaggio- un segno nella storia.
Per quest’anno non poteva che essere lui, l’egotista cacciatore di copertine e riflettori, l’uomo che nessuno aveva preso sul serio. Il provocatore che disprezzando le regole del politicamente corretto ha demolito la politica americana e conquistato la presidenza.
Un cataclisma, politico e culturale. Perché Donald Trump incarna non soltanto la rabbia anti-establishment che ribolle nella pancia di molte democrazie occidentali. Trump è la verità fatta accessorio. Il rispetto diventato optional. L’insulto spacciato per idea politica. Il trionfo dello slogan sul contenuto.
Trump rappresenta, meglio di chiunque altro, la politica nell’era di twitter e dei reality show. Forse anche per questo la scelta di Time Magazine era scontata. Perché Trump, piaccia o non piaccia, ha avuto il genio di intercettare lo spirito dei tempi, la rivolta dei colletti blu, la frustrazione della classe media dimenticata e li ha trasformati in voti, ricordando all’America che la demagogia si nutre della disperazione e che la forza della verità dipende dalla credibilità di chi la racconta.
Da Hitler a papa Francesco, passando per Steve Jobs e Vladimir Putin, Khomeini e Barack Obama: i personaggi dell’anno di Time hanno fatto, fanno e faranno sempre discutere, nel bene o nel male.
Il giudizio -equilibrato, severo o magnanimo- toccherà alla storia. Un destino cui non potrà sottrarsi neppure il Presidente degli Stati Divisi d’America.
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