Trattativa Stato-mafia, “mi indignerei se venisse provata”
Intervista di tvsvizzera.it a Gian Carlo Caselli, procuratore capo a Palermo negli anni del presunto dialogo tra esponenti politici e il boss Toto Riina
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Gian Carlo Caselli sulla trattativa Stato-Mafia
Trattativa Stato-mafia, la controffensiva di magistratura e forze dell’ordine dopo le stragi di Capaci e Via d’Amelio nella primavera-estate del 1992 (in cui morirono Falcone e Borsellino) e le catture eccellenti, tra cui il boss dei boss Toto Riina nel 1993, sono gli argomenti su cui si concentra la ricostruzione di Gian Carlo Caselli, procuratore capo a Palermo proprio negli anni caldi che seguirono al cambio di strategia impresso a Cosa Nostra dai Corleonesi.
L’ex magistrato, in pensione dal da poco più di un anno, ci riceve nel salotto del suo appartamento in centro a Torino, in cui fanno bella mostra piccole sculture raffiguranti un toro granata, la sua grande passione calcistica, e ci mostra alcune testimonianze – libri, fotografie e documenti – della sua lunga carriera al servizio dello Stato e della giustizia in particolare. Un impegno quarantennale, che lo ha visto protagonista in passaggi cruciali nella storia recente della Repubblica, a partire dalle inchieste e ai primi processi contro i capi storici delle Brigate Rosse celebratisi proprio a Torino, sulla scia delle confessioni di Patrizio Peci, alla stagione palermitana in cui lo Stato, che aveva visto cadere i suoi uomini migliori sotto i colpi dei Corleonesi, decide di inviare in Sicilia un magistrato piemontese, estraneo ai veleni e ai tranelli che ammorbavano il Palazzo di giustizia di Palermo.
Un impegno non sempre ripagato adeguatamente per i mal di pancia di parte del mondo politico romano, che non ha digerito le inchieste e i processi a carico di personaggi illustri del calibro di Giulio Andreotti, ritenuto colpevole dalla Cassazione per i fatti antecedenti al 1980 ma non condannato per prescrizione del reato, ci tiene a precisare Gian Carlo Caselli. E le indagini su Marcello Dell’Utri, condannato in via definitiva a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, ma che sono costate a Gian Carlo Caselli l’appellativo di “toga rossa”. E soprattutto la nomina, quando sembrava ormai cosa fatta, alla Procura nazionale antimafia nel 2005.
La prossima settimana l’intervista proseguirà con gli anni alla Procura di Palermo e successivamente, nella terza puntata, si tornerà indietro agli anni di piombo a Torino. (L.Spagnoli/C.Gobbetti)
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