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Guaidó esorta a nuove proteste in Venezuela

In Venezuela, Juan Guaidó ha invitato i suoi concittadini a scendere di nuovo in piazza mercoledì, per quella che ha chiamato "fase definitiva dell'Operazione libertà". L'autoproclamato presidente ad interim e leader dell'opposizione, in un video diffuso su Youtube, assicura che il presidente Nicolás Maduro "non gode del rispetto delle forze armate".


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“Sapevamo che non sarebbe stato facile” entrare in azione, ma “abbiamo dimostrato che ci sono soldati disposti a difendere la Costituzione”, dichiara GuaidóCollegamento esterno, che dice di avere informazioni certe che Maduro avesse “tutto pronto per andarsene” ma che forze straniere lo hanno obbligato a restare [la Russia lo avrebbe convinto a non farlo, secondo quanto dichiarato dal segretario di Stato USA Mike Pompeo].

Mercoledì “torneremo di nuovo in forma sostenuta nelle strade fino a mettere fine all’usurpazione”, ha concluso il leader dell’opposizione venezuelana, che martedì aveva invitato la popolazione alla rivolta e chiesto le dimissioni del presidente, mentre le autorità del Paese denunciavano un tentativo di colpo di Stato da parte di un piccolo gruppo di militari, definiti traditori.

Le “Venezuela contrapposte”

Dal canto suo, in un videoCollegamento esterno su Twitter, Nicolás Maduro ha parlato di martedì come di un giorno intenso di eventi, emozioni, riflessioni e sguardi sul futuro del Paese nel quale “si sono contrapposte due Venezuela: una di pace e dialogo ed un’altra portatrice di violenza e venduta alle ambizioni straniere”.

La mobilitazione convocataCollegamento esterno da Guaidó si svolge a partire da 15 punti di Caracas e in 21 Stati venezuelani. I sostenitori del capo dello Stato sono invece stati chiamati a marciare nella capitale fra il raccordo di Longaray al palazzo presidenziale di Miraflores.

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Il presidente eletto si è felicitato con l’esercito per “l’atteggiamento fermo, leale, valoroso e di enorme saggezza” mantenuto nei confronti di un “piccolo gruppo che pretendeva di riempire il Paese di violenza con una scaramuccia golpista”.

“Ringrazio tutto il popolo venezuelano”, ha inoltre detto, “per il suo valore, coraggio e coscienza di fronte a questo tentativo di colpo di Stato frustrato”.

Morto un manifestante

L’Ong venezuelana per i diritti umani Foro Penal ha intanto riferito che 119 persone, tra le quali 11 adolescenti, sono state arrestate martedì durante le manifestazioni di protesta che si sono tenute in differenti stati del Venezuela.

La stessa e un’altra organizzazione non governativa, Provea, hanno reso noto che un ragazzo di 24 anni è morto e il numero di feriti nei disordini scoppiati a Caracas a seguito dell’insurrezione è salito a 59.

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Almeno 25 militari venezuelani hanno chiesto e ottenuto asilo nell’ambasciata del Brasile a Caracas. La notizia, riferita dai media locali, è stata confermata anche a San Paolo dal quotidiano Folha, che cita una conferma del portavoce del presidente Jair Bolsonaro.

Il leader di opposizione Leopoldo López, arrestato nei mesi scorsi e liberato dai militari che hanno deciso di schierarsi a fianco di Guaidó, ha lasciato l’ambasciata del Cile e si è trasferito presso quella di Spagna, con la sua famiglia.

“Non è un golpe”

Intanto il Gruppo di LimaCollegamento esterno, riunitosi per via telematica, ha ingiunto a Maduro di mettere fine alla sua “usurpazione” del potere “affinché possa cominciare la transizione democratica”, evocando la priorità della “ricostruzione economica e sociale” del Paese.

Undici Paesi membri (Argentina, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Guatemala, Honduras, Panama, Paraguay e Perù) hanno espresso “pieno appoggio” a quello che definiscono “processo costituzionale e popolare intrapreso dal popolo venezuelano” per “recuperare la democrazia in Venezuela”.

Il gruppo nega che il processo guidato da Guaidó possa essere qualificato come “colpo di Stato”.

Tensioni tra Mosca e Washington

La crisi nel Paese latinoamericano ha innescato intento mercoledî un braccio di ferro tra Washington e Mosca, con accuse reciproche, minacce e toni da Guerra Fredda.

Il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov ha rinfacciato al collega americano Mike Pompeo di non aver escluso un’azione militare Usa nel Paese. “E’ possibile”, aveva detto Pompeo in mattinata parlando di un’azione di forza da parte di Washington. “Se necessario, è quello che faranno gli Stati Uniti” per restaurare la democrazia, “anche se preferiremmo una transizione pacifica del potere”, aveva spiegato il capo della diplomazia statunitense in un’intervista tv.

Immediata la reazione di Mosca, che ha ammonito Washington a non immischiarsi negli affari interni del Venezuela, minacciando altrimenti “gravi conseguenze”: “È una violazione flagrante del diritto internazionale che non ha nulla a che fare con la democrazia”, ha esclamato Lavrov.   

Altrettanto dura la replica di Pompeo, che ha accusato la Russia (e Cuba) di voler “destabilizzare” il Venezuela, mettendo così a rischio le relazioni bilaterali tra Russia e Stati uniti.

Nel seguente servizio l’analisi del corrispondente da Washington della Radiotelevisione svizzera. 

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