Nel 2014, la Svizzera autorizzò l'esportazione verso la Siria di alcol isopropilico. Una vendita avvenuta nel rispetto delle leggi che pone però qualche interrogativo: il prodotto, di largo impiego, è un possibile precursore del gas sarin.
Destinataria della fornitura di 5 tonnellate di isopropanolo, per la quale la ditta svizzera esportatrice presentò domanda nel maggio 2014, era un’azienda farmaceutica siriana.
Il composto chimico -che è alla base di prodotti per la pulizia e disinfettanti, ma può essere impiegato anche nella produzione di un gas nervino letale- fu autorizzato a prendere la via della Siria nel novembre 2014.
Seco: “nessun sospetto”, Amnesty: “ingenui”
Sei mesi prima, l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche aveva annunciato che la missione internazionale per la distruzione delle riserve di isopropanolo del governo siriano era stata portata a termine con successo.
Allora perché, dare il nulla osta proprio per quella sostanza? “La Seco, allora come oggi, non è a conoscenza di prove che dimostrino il legame di questa ditta con il regime siriano”, fa sapere per iscritto la Segreteria di Stato.
Secondo Amnesty International Svizzera, tuttavia, la situazione nel Paese non consente di considerare l’affare una semplice transazione tra ditte private.
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“È una spiegazione piuttosto strana”, dice il portavoce Beat Gerber, “in un caso come la Siria, dove infuria una guerra civile, e dove c’è un regime che non esita a utilizzare armi proibite per colpire la propria popolazione. Ritenere questo paese un partner commerciale normale di cui ci si può fidare, è piuttosto naif”.
Composto precluso al regime siriano
L’alcol isopropilico compare dal 2013 sulla lista delle sostanze chimiche sotto embargo stilata dall’UE nei confronti di Damasco. Sanzioni adottate anche dalla Svizzera, scrive la Seco, ma in alcuni casi non applicate in modo identico per via di norme specifiche, come la legge sul controllo dei beni a duplice impiegoCollegamento esterno.
La Seco afferma tuttavia che sebbene il controllo dell’esportazione effettuato nel 2014 non abbia dato “motivo di sospettare un eventuale abuso”, oggi –alla luce delle notizie più recenti- tali esportazioni sarebbero quasi certamente bloccate.
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