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Il diffuso fenomeno delle molestie sessuali sul posto di lavoro

Una mano sulle spalle della donna e l altra sulla mano di lei mentre usa il mouse.
© Keystone / Gaetan Bally

Sono umiliazioni fra le più laceranti. Colpiscono in profondità la dignità delle persone, la loro dimensione più intima. Hanno uno spettro ampio e subdolo: dalle battute a sfondo sessista, fino a vessazioni, proposte indecenti, aperte coazioni. E consumandosi fra i tanti condizionamenti legati alla vita professionale, inducono le vittime alla paura e al silenzio.

Le molestie sessuali sul posto di lavoro sono un fenomeno tanto diffuso, quanto sommerso. E le loro conseguenze lasciano decisamente il segno. Lo si evince, con estrema chiarezza, dalle testimonianze di chi ha dovuto subirle. Come nel caso di una giovane ticinese, vittima di molestie al suo primo impiego. Un racconto il suo, che rende fin troppo bene il senso di sconforto e di impotenza con cui le vittime, purtroppo, si trovano a dover misurarsi.

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Negli ultimi anni, sull’onda del movimento #MeToo, si è fatto sempre più intenso il clima di sdegno per vicende come quella legata alla testimonianza che abbiamo raccolto. E più di recente è stata ampia la risonanza prodotta da rivelazioni su molestie segnalate alla Radiotelevisione svizzera di lingua francese e di lingua italiana (RSICollegamento esterno).

Le segnalazioni concernenti la RSI passeranno ora al vaglio di istanze esterne e indipendenti, designate dall’azienda e dal sindacato di categoria. Ma in attesa delle loro conclusioni, proviamo ora a porci interrogativi di ordine più complessivo. Qual è la pervasività di questi atti nel mondo del lavoro? Quali sono le ripercussioni per le vittime? E come si dovrebbe procedere per rafforzare la lotta contro un fenomeno così odioso?

La punta di un iceberg

Intorno a queste domande, e a molte altre ancora, si è articolato questo approfondimento. Circa le reali dimensioni del fenomeno, l’impressione più o meno generalizzata è quella di avere a che fare con “la punta di un iceberg”, riprendendo le testuali parole di Rachele Santoro, delegata in Ticino per le pari opportunitàCollegamento esterno, e di Eleonora Fontana, psicologa attiva presso il Laboratorio di psicopatologia del lavoro OSCCollegamento esterno.

Vi è insomma un netto divario fra ciò che è portato alla luce, che viene formalmente denunciato, e una realtà ben più ampia e vissuta sullo sfondo di paure, silenzi, sensi di colpa e di vergogna. A dare la misura di questo divario possono essere intanto gli esiti di alcuni sondaggi. Fra questi, uno lanciato nel 2019 dal sindacato UNIA. Gli esiti sono stati allarmanti e a sottolinearli è Chiara Landi, presidente per il Ticino e il Moesano del Gruppo Donne dell’Unione sindacale svizzera (USS).

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Tra istanze e norme con poca visibilità

Il fenomeno delle molestie sessuali sul lavoro è molto ampio, colpisce in netta prevalenza le donne e può essere inquadrato nei termini di due tipologie: le molestie apertamente fisiche e quelle commesse attraverso attenzioni e ammiccatine insistenti, promesse di vantaggi in cambio di sesso, messaggini a iosa, battute in apparenza scherzose ma in definitiva a sfondo sessista.

Contro un molestatore la vittima può naturalmente agire secondo le vie previste in materia dal diritto civile e penale. Ma trattandosi di molestie che si consumano nel mondo dell’impiego, è anche possibile chiamare in causa lo stesso datore di lavoro che, come vedremo nel dettaglio più avanti, ha precise responsabilità per l’integrità personale dei suoi dipendenti.

Ciò si esplicita nei termini previsti dalla Legge federale sulla parità dei sessiCollegamento esterno (LPar), che qualifica le molestie come discriminazioni basate sul genere. Basta un unico atto, ai sensi del quadro normativo, per configurare una molestia. E determinante, di per sé, non è l’intenzione dell’autore ma la percezione di chi subisce tali atti.

La ricerca di una soluzione al problema può passare, prima di un eventuale ricorso alla pretura, attraverso gli uffici di conciliazione in materia di parità dei sessi. Gli stessi incaricati di mediare, fra dipendenti e datori di lavoro, per altre controversie imputabili a discriminazioni di genere come licenziamenti o mancate assunzioni.

Eppure questa via, nonostante la sua validità, risulta in Ticino scarsamente intrapresa. C’è infatti un dato singolare: solo due casi di molestie sessuali, nell’arco di ben 12 anni, sono stati infatti stati sottoposti al preposto ufficio del cantoneCollegamento esterno. È quanto sottolinea la sua attuale presidente, l’avvocata Augusta Simoni, non escludendo che tale istituto non abbia in questo senso la dovuta visibilità; che non sia insomma abbastanza conosciuto dalle vittime per il ruolo che può esercitare anche in relazione a queste vicende. Un problema in più, che si aggiunge a quello di una diffusa riluttanza a denunciare gli abusi.

Forse, però, a non essere molto conosciuta è la legge sulla parità nel suo insieme. Non solo sul versante delle vittime, ma anche su quello delle stesse istanze giudiziarie chiamate in materia a pronunciarsi. A sostenerlo è Rachele Santoro, ricordando che raramente, secondo gli esiti di un’analisi effettuata a livello nazionale, i tribunali prendono in esame le responsabilità dei datori di lavoro a livello preventivo.

E intanto per ben l’82% delle azioni legali promosse per molestie, le sentenze risultano sfavorevoli alle persone denuncianti. Qui certamente incidono anche altri fattori. Ma l’ampiezza del dato, di per sé, non può che far riflettere.

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La responsabilità delle imprese

A emergere, insomma, è un quadro che stride rispetto alla pervasività del fenomeno e anche a precisi doveri che incombono sui datori di lavoro. Sulla carta infatti la legge è chiara: le aziende sono obbligate a tutelare sul lavoro la sicurezza, la salute e la personalità dei loro collaboratori.

Contro le molestie sessuali sono quindi tenute a predisporre misure e strumenti di carattere preventivo: direttive interne, procedure di segnalazione, definizioni delle possibili sanzioni a carico degli autori di questi atti. Devono inoltre informare i collaboratori sulle istanze a cui potersi rivolgere in caso di necessità.

Vi è quindi un preciso obbligo di intervento nell’eventualità di sospetti o segnalazioni di situazioni di disagio. Più in generale deve essere chiaro a tutti, sottolinea Eleonora Fontana, che in azienda vige un principio di tolleranza zero verso le molestie sessuali.

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L’inosservanza degli obblighi, sempre in base alla legge, può tradursi per le imprese in sanzioni molto concrete: il versamento alle vittime di indennità fino ad un massimo di 6 mensilità salariali, oltre ai risarcimenti dei danni o alle riparazioni morali. 

Il ruolo dei datori di lavoro è del resto determinante per combattere il fenomeno alla radice. Si tratta di prevenire, prima ancora di affrontare, comportamenti che inquinano l’ambiente di lavoro e che ledono, soprattutto, la dignità e la personalità di chi vi è esposto. Ma su questi aspetti, tanto centrali quanto dolorosi, ci soffermeremo più diffusamente nella seconda parte di questo approfondimento.

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