La Chiesa evangelica riformata nel Ticino chiede pubblicamente "scusa e perdono" alle vittime delle misure coercitive a scopo assistenziale e dei collocamenti extrafamiliari attuati in Svizzera fino al 1981, riconoscendo le proprie responsabilità in questa triste vicenda. Un passo intrapreso dopo aver ascoltato la testimonianza di un uomo che oltre 70 anni fa fu affidato a un istituto.
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tvsvizzera.it/ri con RSI (Quotidiano del 12.11.2019)
Prima del 1981, circa 60’000 persone furono internate in circa 650 istituti in Svizzera sulla base di una decisione amministrativa. Non avevano commesso alcun reato: il loro stile di vita non corrispondeva alle aspettative delle autorità.
Migliaia di bambini poveri, nomadi o figli di donne sole furono dati in adozione contro la volontà delle loro madri e costretti a lavorare senza paga in aziende artigianali o agricole.
“Sono molto soddisfatto perché ci hanno messo tanto a pronunciare queste parole”, ha dichiarato alla Radio svizzera Sergio Devecchi, che da bambino subì violenze nell’istituto evangelico al quale era stato affidato, dopo essere stato sottratto alla madre a neppure due settimane di vita.
Il Sinodo della CERT dello scorso 9 novembre ha preso attoCollegamento esterno della sua testimonianza e in una notaCollegamento esterno diffusa martedì sottolinea che “integrerà questa tematica dolorosa all’interno del proprio insegnamento affinché resti come parte della nostra memoria”.
È ciò a cui mirava Devecchi: “Questa storia deve entrare nei libri scolastici e negli insegnamenti ecclesiastici. Hanno capito che non basta scusarsi ma si deve anche fare un passo in avanti e prendersi la responsabilità di parlare con i giovani d’oggi di quello che è successo tanti anni fa”.
La Chiesa evangelica riformata è la prima istituzione religiosa, a sud delle Alpi, ad ammettere di aver contribuito a scrivere una delle pagine più buie della storia recente della Svizzera.
Nel marzo del 2018 il consigliere di Stato Manuele Bertoli si era invece scusato a nome del governo ticinese.
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