Basilea sotto la lente, tra farmaceutica e frontiera
Basilea e Ticino sono ai lati opposti (non solo geografici) della Confederazione ma pur nelle evidenti differenze - dinamica città industriale e commerciale germanofona la prima, cantone italofono montagnoso e periferico il secondo – condividono diverse caratteristiche.
Entrambi si trovano sulla frontiera e sono confrontati con problematiche analoghe (traffico, frontalierato, concorrenza dei centri commerciali dell’estero per citarne solo alcune). Ma anche queste peculiarità comuni non vengono vissute con lo stesso spirito. Almeno apparentemente.
Significativa è la questione del frontalierato. Anche a Basilea giungono quotidianamente 33’000 lavoratori da Francia e Germania per svolgere un’attività meglio remunerata rispetto al loro paese di provenienza. Ma la disoccupazione in riva al Reno è ai minimi storici, poco sopra il 2%, e l’argomento non interessa l’opinione pubblica e non viene neanche dibattuto dalla politica locale.
Ma è pure vero che, anche se non si riscontrano le distorsioni del mercato del lavoro che a volte emergono in Ticino, qualche problema inizia a manifestarsi tra i disoccupati basilesi poco qualificati, confrontati con la concorrenza straniera.
Anche a Basilea poi i cittadini sconfinano volentieri per i loro acquisti, attratti dall’euro basso rispetto al franco svizzero. Ne sanno qualcosa i promotori di centri commerciali svizzeri che devono lottare strenuamente e rinnovare continuamente le loro strategie per mantenere la loro quota di mercato.
Ma le elezioni del 20 ottobre ci potranno dire se la progressista Basilea, capitale europea dell’industria farmaceutica rivolta all’estero, sarà diventata un po’ più chiusa su se stessa, ovvero, se è consentito il paragone, un po’ più ticinese.
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