Quella Svizzera tra le due Coree
La Svizzera si è recentemente offerta come mediatrice per allentare le tensioni di cui sono protagonisti la Corea del Nord di Kim Jong-un e gli Stati Uniti di Donald Trump. La storia della diplomazia e della presenza in Corea della Confederazione è però molto più lunga.
Nel 1953, dopo 3 anni di guerra e 2 milioni di morti, termina la guerra di Corea, un conflitto in seguito al quale il paese rimane diviso in due Stati, uno sotto l’influenza sovietica, l’atro statunitense. La Svizzera, apprezzata per i suoi buoni uffici, garantisce il rispetto dell’armistizio dalla zona demilitarizzata che divide le due Coree, una delle ultime vestigia ancora esistenti della Guerra fredda.
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Corea del Nord, la Svizzera si propone come mediatrice
Non sono stati rari gli incidenti in questa zona di frontiera così sensibile, ma secondo Urs Gerber, generale responsabile della delegazione svizzera in Corea negli ultimi 5 anni, qualcosa è cambiato: “Con la nuova amministrazione americana, i toni sono cambiati, sono diventati più aggressivi, più duri, i coreani sono emotivi… Questa situazione potrebbe far esplodere un confronto potenzialmente molto pericoloso.”
Gli fa eco Rudolf Strasser, direttore del programma di aiuto allo sviluppo in Corea del Nord dal 2004 al 2006, che sottolinea come la Corea del nord voglia solo vivere in pace, senza essere influenzata da altri paesi. “Temo possa esserci un malinteso… gesti e azioni violente”.
“Non credo che Kim sia un pazzo imprevedibile”
Nel 2003 le due Coree erano ai ferri corti, a causa del programma nucleare di Pyongyang. L’allora ministra degli esteri elvetica Micheline Calmy-Rey svolse una missione nel paese diviso e fu la prima rappresentante ufficiale di un governo a oltrepassare la linea di demarcazione che separa il nord dal sud.
Secondo lei, il messaggio che vuole trasmettere Pyongyang non è cambiato da allora: vuole garanzie di sopravvivenza del regime. Tuttavia “l’escalation attuale è pericolosa”, ha detto in un’intervista alla Radiotelevisione svizzera l’ex consigliera federale. A suo parere andrebbero interrotti i lanci missilistici nordcoreani così come le esercitazioni militari congiunte di Stati Uniti e Corea del sud nella regione e andrebbero oltre intavolate delle trattative sulla falsa riga di quelle che hanno portato all’accordo sul nucleare iraniano.
“Non credo che il leader nordcoreano sia un pazzo imprevedibile”, ha aggiunto. “Credo al contrario che la sua strategia sia prevedibile. L’obiettivo del lancio di missili è ottenere l’attenzione americana. E come nel 2003, delle discussioni dirette con Washington”.
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