Case e stranieri, le regole in Ticino dopo il caso dell’oligarca
Quali sono gli obblighi dei proprietari stranieri con case di vacanza in Svizzera? Un interrogativo sollevato dalla vicenda della villa di Andrei Klishas a Brione sopra Minusio. Il nome del senatore russo, vicino al presidente Vladimir Putin, è finito nella lista delle sanzioni e la proprietà è bloccata dal 4 marzo. Il che ne impedisce la vendita ma non l'utilizzo (vedi correlata).
Anche a Lugano c’è chi si occupa della LAFE, la legge federale sull’acquisto di fondi da parte di persone all’estero. Il dossier Klishas, del 2008, non è però noto. Stando al registro fondiario il fabbricato è superiore al limite di 200 m2 (il massimo previsto, 250 m2 sono tollerati solo in caso di comprovata necessità) ma non è quello il documento che fa stato, bensì la planimetria firmata da una persona del ramo.
Le autorizzazioni arrivano poi fino all’Ufficio federale di giustizia. Gli stranieri che abitano all’estero possono comprare una sola unità abitativa in Svizzera, delle dimensioni citate. “Ci sono dei controlli molto approfonditi sia quando l’acquisto avviene da parte di persone giuridiche che quando lo effettuano persone fisiche a scopo di vacanza”, assicura Andrea Carri, dell’autorità cantonale di prima istanza. E precisa: lo scopo della LAFE è “evitare un eccessivo dominio straniero dei fondi indigeni”.
Ci sono poi ulteriori oneri voluti dal Ticino contro la speculazione edilizia: divieto di vendere per cinque anni e di affittare per lunghi periodi, ma anche obbligo di soggiornare per 20 giorni come minimo all’anno. Un obbligo che nel caso Klishas non può essere rispettato, visto che il 49enne è colpito da divieto di ingresso in Svizzera. D’altra parte, sostengono i vicini, l’edificio è disabitato da tempo.
“I Comuni sono tenuti a cooperare nell’esercizio della vigilanza”, si legge nella norma di applicazione, ma da loro non è giunta nessuna segnalazione. “Posso immaginare che non sia così facile verificare, specie se l’immobile è curato”, giustifica Carri. È il caso, per quanto si può vedere, della villa di Klishas, dove il giardino è tenuto in ordine.
Chi è Andrei Klishas?
Lo scorso 4 marzo, come detto, la villa di proprietà di Andrei Klishas, un senatore russo vicino al presidente Vladimir Putin (e del suo stesso partito), è stata bloccata dalle autorità cantonali.
Avvocato di formazione, Klishas – 49 anni – ha un passato nell’industria del nickel: è stato presidente della Nornickel, gigante metallurgico che ha il suo impianto principale nella remota località di Norilsk, nella Siberia artica, una delle località più inquinate al mondo. Fin dal suo ingresso in politica è stato vicino alle posizioni del Cremlino e già nel 2014 era finito nella lista delle sanzioni della Segreteria di Stato dell’economia (SECO) per aver appoggiato espressamente l’annessione della Crimea.
Klishas siede tra i banchi del Consiglio della Federazione (il “Senato” russo) dove ha avuto un ruolo importante nella riforma costituzionale del 2020 che assicura a Putin la possibilità di restare al potere, ma è conosciuto anche per le sue proposte che mirano a limitare la libertà di espressione in rete. Proprio per questo ruolo, nel 2019 è finito nel mirino dell’oppositore Alexei Navalny che lo ha definito “un soldato di Putin nella guerra contro internet”.
Gli effetti diretti e indiretti delle sanzioni
Il senatore è particolarmente attivo su Telegram, dove amministra un canale con oltre 6’000 membri. Qui, Klishas prende quasi quotidianamente posizioni circa quella che definisce “operazione militare speciale” in Ucraina. Ad esempio, negli scorsi giorni ha dichiarato che “senza denazificazione, l’Ucraina non ha e non dovrebbe avere un futuro come Stato sovrano”, mentre a proposito delle sanzioni ha affermato che le azioni degli Stati occidentali “non rimarranno senza misure di ritorsione”.
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