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Chiusura degli uffici postali, lo stop del Parlamento

Filiale della Posta a Berna.
Filiale della Posta a Berna. Keystone / Peter Schneider

La Camera bassa chiede spiegazioni in merito alla pesante ristrutturazione annunciata dai vertici della Posta svizzera che prevede la soppressione di 170 filiali.

Il Consiglio Nazionale ha adottato, con 113 voti contro 60 (e 18 astensioni), una mozione con la quale si intende chiarire il mandato di servizio universale della Posta e il suo settore di attività prima di procedere a qualsiasi ulteriore ristrutturazione. Il testo elaborato dalla Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni passa ora all’esame del Consiglio degli Stati.

A creare fibrillazioni a Berna è stata la comunicazione dello scorso mese di giugno, da parte della direzione del Gigante giallo, della ristrutturazione della rete postale, con la chiusura di 170 uffici entro il 2028.

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sportello postale con persona carica di pacchi

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La Posta svizzera prosegue la sua cura dimagrante

Questo contenuto è stato pubblicato al Nei prossimi quattro anni la Posta chiuderà altre 170 filiali gestite in proprio. Nell’arco di 12 anni la rete di uffici postali in Svizzera è stata dimezzata.

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In seguito all’annuncio della nuova strategia, il Governo aveva concesso, attraverso la revisione dell’ordinanza che entrerà in vigore nel 2026, una serie di agevolazioni a livello di prestazioni del servizio reso dalla Posta, tra i quali l’estensione dei tempi di consegna di lettere e pacchi, in particolare nelle aree discoste.

Le puntualizzazioni del Nazionale

Nel corso del dibattito parlamentare il deputato socialista David Roth, intervenuto a nome della Commissione dei trasporti, ha osservato che l’attuale impianto normativo lascia un margine di manovra troppo ampio per queste modifiche e perciò occorre stabilire chiaramente quali competenze sono definite a livello di legge e quali a livello di ordinanza (di competenza dell’esecutivo).

Detto altrimenti, ha sottolineato, spetta al Parlamento definire fino a che punto può spingersi la trasformazione della Posta senza che questa finisca per mettere a repentaglio la coesione sociale e incrinare la fiducia delle e dei cittadini nella fornitura dei servizi pubblici, che non possono essere messi davanti al fatto compiuto.

Centro-destra contrario alla mozione

Da parte loro i liberali radicali (PLR) si sono opposti alla mozione. “Un cittadino medio – ha indicato Damien Cottier – riceve 200 lettere all’anno, ovvero una ogni giorno lavorativo, e anche il traffico dei pagamenti sta cambiando drasticamente”. Ne consegue che “la Posta deve adattarsi a queste nuove realtà”.

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Una postina svizzera.

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Per risparmiare la Posta consegnerà lettere e pacchi in ritardo

Questo contenuto è stato pubblicato al Per risparmiare il Consiglio federale propone che solo il 90% delle lettere e dei pacchi venga consegnato per tempo dalla Posta. Inoltre, si vuole abolire l’obbligo di consegna nelle case abitate tutto l’anno.

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Sulla stessa lunghezza d’onda anche il ministro competente Albert Rösti, sensibile al tema dell’innovazione, per il quale “il blocco di qualsiasi ristrutturazione sarebbe un grosso ostacolo all’ammodernamento di questa azienda che si autofinanzia”.

Il consigliere federale UDC (destra) ha spiegato (invano) che si tratta di misure di portata relativamente modesta, sufficienti fino alla prossima revisione della legge prevista entro il 2030, che consentirebbero di risparmiare 45 milioni di franchi all’anno.

Nel dettaglio, la mozione chiede che il Consiglio federale elabori una revisione della legge in materia per definire il mandato di servizio universale e il settore di attività della Posta. Il Parlamento avrà così anche la possibilità di esaminare quali prescrizioni devono essere disciplinate a livello di legge e quali a livello di ordinanza.

Fino alla conclusione della revisione, il Consiglio federale dovrà rinunciare a modifiche dell’ordinanza e imporre alla Posta, con mezzi idonei, di sospendere i piani di rinuncia al recapito negli insediamenti di piccole dimensioni, di chiusura di uffici postali o di riduzione della puntualità nel recapito di pacchi e lettere.

Alla fine l’atto parlamentare sostenuto dal fronte progressista ha ottenuto la maggioranza della Camera bassa, grazie anche a numerosi voti provenienti dai banchi del centro-destra.

Tra di loro, l’UDC Jean-Luc Addor ha detto di temere che la Svizzera si trasformi in un “deserto postale” mentre Sidney Kamerzin (Centro) ha espresso preoccupazione per il destino delle valli periferiche. Infine Daniel Sormanni, del movimento ginevrino MCG, si è fatto latore delle preoccupazioni del personale minacciato dalla prevista soppressione di posti.

La Posta tira dritto

Proprio domenica scorsa, alla vigilia della sessione parlamentare, il CEO della Posta, Roberto Cirillo, aveva dichiarato al settimanale SonntagsBlick che le opposizioni provenienti dal mondo politico non avrebbero potuto rimettere in discussione i piani di ristrutturazione del Gigante giallo, che sono in linea con la strategia aziendale che è stata precedentemente definita.

E questo in conformità al principio della sicurezza giuridica, che impone il mantenimento della rotta senza la quale sarebbe impossibile continuare lo sviluppo di un’azienda di queste dimensioni, che conta 46’000 dipendenti. Naturalmente, ha aggiunto il responsabile dell’azienda di proprietà della Confederazione, è “giusto e importante” che le e i parlamentari discutano della Posta.

In relazione ai progetti di riorganizzazione Roberto Cirillo ha precisato che i 170 uffici postali coinvolti – un quinto del totale – “non saranno semplicemente soppressi”, ma trasformati in filiali gestite da partner.

Nessun licenziamento

Nei prossimi quattro anni, ha continuato, la Posta elvetica investirà cento milioni di franchi nella modernizzazione delle sue filiali e in nuovi servizi.

Il CEO ha anche voluto assicurare che tra quattro anni, al termine della ristrutturazione, l’ex regia federale disporrà ancora di 600 uffici postali propri e 2’000 sedi in tutta la Svizzera. Inoltre non sono previsti licenziamenti.

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