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Come la Svizzera cerca di sconfiggere gli eventi meteorologici estremi

Veduta aerea dell'autostrada A13 tra Lostallo e Soazza completamente distrutta dalla forza del fiume Moesa
Veduta aerea dell'autostrada A13 tra Lostallo e Soazza completamente distrutta dalla forza del fiume Moesa Keystone / Ti-Press / Samuel Golay

La Svizzera sta cercando di migliorare le proprie protezioni contro le inondazioni da quando, nel 2005, l'"alluvione del secolo" ha sommerso alcune zone del Paese, causando danni per 3 miliardi di franchi e provocando sette vittime.

Dal 2005 sono stati spesi miliardi di franchi per rafforzare le difese contro le inondazioni. Altri fondi sono stati stanziati per trovare soluzioni, tra cui un miliardo di franchi per proteggere la valle del Reno tra la Svizzera e l’Austria nei prossimi tre decenni.

Tuttavia, tali misure si sono rivelate ancora una volta inadeguate per evitare danni su larga scala e almeno un morto negli ultimi giorni.

Le difese contro le inondazioni in Svizzera sono all’altezza?

Se si considera solo lo sfacelo degli ultimi giorni nel sud del Paese, la risposta è chiaramente “no”.

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La popolare località turistica di Zermatt è stata isolata a causa delle inondazioniCollegamento esterno, mentre le forti piogge hanno causato una frana nella Valle Mesolcina, nei GrigioniCollegamento esterno, provocando almeno un morto e distruggendo parte dell’autostrada A13.

Le condizioni meteorologiche avverse hanno compromesso anche il funzionamento di sei centrali idroelettriche nella Svizzera sudorientale.

Nonostante gli ultimi problemi, Andreas Zischg, idrologo dell’Università di Berna, insiste sul fatto che “le difese contro le inondazioni sono effettivamente adeguate”.

“Tuttavia, negli ultimi anni abbiamo notato che vengono costantemente spinte al limite”, ha dichiarato al settimanale NZZ am Sonntag.

Allora perché tanti danni?

A detta degli esperti e delle esperte, anche se le difese contro le inondazioni possono mitigare il rischio di danni, la natura si rivelerà sempre una forza più potente e imprevedibile dei muri di cemento, dei canali e dei modelli di previsione.

“Sapevamo che il versante meridionale delle Alpi sarebbe stato colpito. Ma è sempre difficile prevedere esattamente dove i temporali colpiranno”, ha dichiarato il meteorologo Simon Eschle alla Radiotelevisione della Svizzera tedesca SRF.

Altri sviluppi

L’idrologo Frédéric Jordan ha dichiarato alla Radiotelevisione della Svizzera romanda RTS che anche la tempistica delle ultime alluvioni è stata sorprendente. “Negli ultimi 100 anni, le inondazioni più intense si sono verificate tipicamente tra agosto e ottobre”, ha detto.

Le regioni alpine sono particolarmente a rischio perché le precipitazioni scendono dalle montagne con una forza molto elevata, raccogliendo detriti, come i tronchi, lungo il percorso.

Inoltre, le piogge persistenti delle ultime settimane avevano già saturato il suolo, che non poteva quindi assorbire altre precipitazioni.

“I piccoli fiumi rappresentano il rischio maggiore per la vita e l’incolumità delle persone, perché reagiscono più rapidamente [alle forti precipitazioni] e il livello dell’acqua può salire molto rapidamente”, ha detto Zischg.

È colpa dei cambiamenti climatici?

Secondo Frédéric Jordan, le recenti inondazioni in Svizzera sono “molto probabilmente” legate all’aumento delle temperature.

“Non possiamo dire con certezza se gli eventi attuali siano influenzati dai cambiamenti climatici”, ha dal canto suo detto Andreas Zischg. “Ma i modelli climatici tengono conto del fatto che, con il riscaldamento, l’atmosfera può immagazzinare più acqua e che quindi sono possibili precipitazioni più abbondanti”.

“Se le precipitazioni saranno più intense, dovremo aspettarci anche un aumento delle inondazioni”, ha aggiunto.

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Questo è confermato da numerosi dati scientifici globali, tra cui quelli del Programma delle Nazioni unite per l’ambiente, che indicano che i cambiamenti climatici influenzano il ciclo idrologico – la continua circolazione dell’acqua tra la terra, gli oceani e l’atmosfera.

Ma il riscaldamento atmosferico è solo una parte del problema, ha dichiarato a marzo a SWI swissinfo.ch l’ex ingegnere civile Christian Eichler.

La crescita demografica richiede più edifici, città più grandi e una rete di trasporti più estesa, che coprono il suolo in grado di assorbire la pioggia.

“L’agricoltura intensiva, l’aumento della meccanizzazione e i macchinari più pesanti stanno compattando il suolo e riducendo l’importante effetto ‘spugna’ delle cosiddette superfici permeabili”, ha aggiunto.

Cosa si può fare per mitigare il problema?

Scienziati e scienziate chiedono che i sistemi di prevenzione delle alluvioni si adeguino più rapidamente all’evoluzione delle condizioni ambientali.

“Il sistema attuale, che si è evoluto negli ultimi 30 anni, si basa su mappe dell’uso del territorio e dei rischi potenziali, alcune delle quali sono state elaborate 20 o 30 anni fa”, ha detto Jordan. In questo lasso di tempo, il paesaggio è cambiato: alcune piccole comunità sono scomparse e altre si sono espanse.

Zischg auspica che le mappe di rischio di alluvioni prestino maggiore attenzione ai fiumi più piccoli, come quelli che hanno recentemente rotto gli argini nei cantoni Vallese e Grigioni.

Anche i ricercatori e le ricercatrici delle università svizzere, come il Mobiliar Lab for Natural Risks dell’Università di BernaCollegamento esterno, sono impegnati a lavorare su modelli computerizzati per comprendere meglio i fenomeni naturali e artificiali che causano danni improvvisi e di elevata intensità, come quelli che si sono verificati nella Svizzera meridionale negli ultimi giorni.

“Per la prima volta è possibile identificare visivamente i danni potenziali delle inondazioni in tutta la Svizzera, anche a livello di quartieri”, ha dichiarato Zischg a SWI swissinfo.ch a marzo.

“Queste informazioni possono essere utilizzate dalle squadre di coordinamento civili locali, dalle compagnie di assicurazione, dalle società di logistica e da altri soggetti per aiutare la comunicazione del rischio, la formazione e la pianificazione a livello operativo”.

A cura di Marc Leutenegger/ts

Tradotto da Marija Milanovic

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