Il gruppo BMW dovrà pagare in Svizzera una multa di 157 milioni di franchi inflitta nel 2012 dalla Commissione della concorrenza (COMCO): il Tribunale federale ha respinto venerdì il ricorso del costruttore tedesco.
Con la clausola imposta ai venditori, aveva sentenziato nel dicembre 2015 il Tribunale amministrativo federale TAF, BMW ha infranto la Legge federale sui cartelli e altre limitazioni della concorrenza LCartCollegamento esterno, che vieta gli accordi verticali di ripartizione geografica.
Sanzione lecita anche per fatti all’estero
I consumatori svizzeri, a causa di tale accordo, non hanno potuto beneficiare degli importanti guadagni di cambio in un periodo nel quale l’euro ha perso terreno nei confronti del franco.
La clausola contro l’esportazione figurante nei contratti dei concessionari era applicata dal 2003. L’indagine contro BMW è stata aperta nell’ottobre 2010. La COMCO si era mossa dopo la diffusione di un’inchiesta della trasmissione televisiva svizzero-tedesca Kassensturz.
Numerosi consumatori avevano denunciato di aver tentato invano di acquistare all’estero un veicolo nuovo delle marche BMW e MINI.
Per garantire l’efficacia del diritto, avevano osservato i giudici del TAF, la COMCO deve poter agire anche quando i fatti si svolgono all’estero, se hanno effetti in Svizzera.
Accordo illecito a prescindere dall’incidenza
Il Tribunale federale TFCollegamento esterno condivide questo punto di vista, e osservando che una violazione della LCart è data anche se l’accordo in questione limita potenzialmente il mercato -non è quindi necessario esaminare le incidenze concrete- ha bocciatoCollegamento esterno il ricordo del costruttore.
L’alta corte conferma che la clausola è illecita, e ritiene che il TAF non abbia violato il diritto federale valutando l’infrazione come di media gravità e calcolando la multa di conseguenza.
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