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Timore di licenziamenti nelle case di riposo

Un assistente di cura accompagna un anziana (di schiena) in una passeggiata in un corridoio di casa anziani
I sindacati chiedono all'ente pubblico di aiutare a preservare questi impieghi qualificati. © Keystone / Christian Beutler

Prima sotto pressione a causa della pandemia di coronavirus, ora a rischio di perdere il lavoro per via della bassa occupazione dei letti: è il paradossale destino del personale di alcune case di riposo in Svizzera. I sindacati temono che il fenomeno possa acuirsi e chiedono un maggior intervento dello Stato, mentre l'associazione di categoria parla di casi isolati. Ma si associa alla richiesta di aiuto.

Il primo segnale è arrivato la scorsa settimana dalla Mesolcina, nei Grigioni, dove cinque collaboratori di uno dei quattro ricoveri della regione hanno perso il lavoro, complice anche il calo di nuovi arrivi dal vicino canton Ticino: anch’esso non ha più le case di riposo piene.

Ora la preoccupazione cresce anche a Ginevra, dove nei momenti più difficili della pandemia erano persino stati richiamati al lavoro impiegati in quarantena.

Timore a trasferirsi

All’origine dei troppo letti vuoti, spiega Sabine Furrer della sezione ginevrina del Sindacato dei servizi pubblici e sociosanitari SSP, non ci sono solo i numerosi decessi da Covid ma anche il calo delle nuove ammissioni: molti anziani esitano a trasferirsi in una casa di riposo proprio adesso. Verosimilmente, temono per la propria salute ma anche di non poter ricevere visite dai loro cari.

Meno occupazione vuol dire anche fondi. L’SSP e i sindacati interprofessionali SIT e Unia -secondo quest’ultimo il problema rischia di assumere una dimensione nazionale- si appellano allo Stato affinché preservi questi impieghi qualificati aumentando i contributi dell’ente pubblico. Anche perché, rilevano, tra pochi mesi la domanda ricomincerà a crescere.

“Nessuna ondata”

Curaviva, associazione che rappresenta le case per anziani e altre strutture per la terza età in Svizzera, assicura che i licenziamenti sono isolati e non ci si aspetta nessuna ondata. Al contempo, poiché la pandemia non è finita, si associa alla richiesta di sostegno.

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Nel servizio RSI, le interviste al sindacalista Enrico Borelli (Unia) e al direttore di Curaviva, Daniel Höchli.

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