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Nessun baby boom dopo il confinamento da Covid

Primissimo piano di una neonata con vestitino a fiori; a fuoco il polso, con braccialetto con scritto Julia
Contrariamente alle aspettative, durante le festività non assisteremo ad alcuna esplosione delle nascite. © Keystone / Gaetan Bally

Il semi-confinamento di marzo non porterà a un picco di nascite a fine anno in Svizzera. Vedranno anzi la luce meno bebè del solito. Malgrado da una decina di anni il numero di parti sia in aumento, in base ai controlli di inizio gravidanza si osserva in questi tempi di pandemia una diminuzione del 10% delle dolci attese.

È quanto riferisce sabato David Baud, capo del servizio ostetricia al Centro ospedaliero universitario vodese (CHUV) di Losanna.

Baud e la sua équipe hanno voluto esaminare l’idea diffusa secondo cui le persone, costrette a stare in casa, avrebbero procreato di più. Hanno anche cercato e compilato i dati di diverse epidemie, tra cui quella di ebola in Africa occidentale, zika in Brasile, la SARS-CoV in Cina (2002-2004) e quella di influenza spagnola dopo la Prima guerra mondiale. Osservando il numero di nascite che hanno seguito queste epidemie, nelle regioni interessate si nota un calo dal 10% al 20% nel numero di gravidanze nove mesi dopo, spiega Baud.

Più stress, meno fertilità

Secondo lo specialista, la prima causa del calo del numero di gravidanze è lo stress. “Quando si è stressati, la fertilità diminuisce sia per gli uomini sia per le donne”, sottolinea il medico. Ma le ragioni sono molte: durante l’epidemia i giovani malati riducono temporaneamente la loro attività sessuale, le persone che guardano a una nascita dal punto di vista economico aumentano, e il confinamento impedisce a parte delle coppie di incontrarsi.

Inoltre, durante la prima ondata di Covid sono stati interrotti i trattamenti di fertilità, che costituiscono circa il 3% del totale delle gravidanze. Il nuovo coronavirus non sembra invece aver causato aborti spontanei, indotti per contro da alcune delle altre epidemie studiate.

Effetti sulla demografia

“La natura è ben fatta”, tranquillizza Baud. “La storia mostra che la gente ha recuperato un anno e mezzo o due dopo la fine delle precedenti epidemie”, quando si è osservato un incremento del 15% rispetto al normale tasso di gravidanze.

Ma gli effetti a lungo termine della pandemia sulle nascite potrebbero comunque essere significativi per le società europee. La loro diminuzione avrà un forte impatto sulla demografia, portando a un invecchiamento della popolazione.

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tvsvizzera.it/ATS/ri con RSI (TG del 07.11.2020)

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