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Diritti umani e ambiente, un’iniziativa popolare chiede regole più stringenti per le multinazionali

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L'obiettivo del comitato promotore, che ha presentato martedì a Berna la sua iniziativa, è di raccogliere le 100'000 firme necessarie in un mese. Keystone-SDA

È giunto il momento per imporre obblighi più severi, multe incluse, alle multinazionali con sede in Svizzera che, nelle attività all'estero, non rispettano i diritti umani e le disposizioni internazionali sull'ambiente. È quanto chiede un'iniziativa popolare lanciata martedì.

Oltre quattro anni dopo la bocciatura alle urne di una proposta simile, un comitato interpartitico torna alla carica con un’iniziativa denominata “Per grandi imprese responsabili – a tutela dell’essere umano e dell’ambiente”.

La proposta di modifica costituzionale, che si orienta in particolare alle recenti disposizioni adottate dall’UE, prevede controlli e persino multe per i trasgressori degli obblighi di diligenza, proporzionali al fatturato, nonché la possibilità per le persone danneggiate di adire i tribunali elvetici in vista di eventuali risarcimenti. Le PMI sarebbero escluse da queste disposizioni.

Regole attuali non sufficienti

Stando a una nota odierna del comitato, di cui fanno parte anche il consigliere nazionale del Centro Giorgio Fonio e il membro del Gran consiglio ticinese Matteo Quadranti (Partito liberale radicale, PLR), il controprogetto all’iniziativa per imprese responsabili – approvata dal popolo ma bocciata dalla maggioranza dei Cantoni nel novembre 2020 – ha avuto un impatto “insignificante”.

Il controprogetto, “introdotto sostanzialmente su richiesta della lobby delle multinazionali”, si concentra infatti principalmente sull’obbligo di rendicontazione.

Mantenere le promesse

All’epoca della prima votazione, uno dei motivi addotti dal Consiglio federale – e dal mondo economico nonché parte della politica – per non andare più lontano nella legislazione, era il pericolo che la Svizzera si lanciasse in un’avventura solitaria nel campo della responsabilità di impresa, con tutti gli svantaggi derivanti a livello di concorrenzialità, ha affermato oggi davanti ai media l’ex consigliere nazionale Claude Ruey (PLR).

All’epoca della prima votazione, ha spiegato Ruey, la consigliera federale Karin Keller-Sutter aveva promesso di adottare in futuro un approccio armonizzato a livello internazionale e di adoperarsi per creare pari condizioni per le aziende in Svizzera ed europee.

Maggiore responsabilità

Ebbene, da allora le cose sono cambiate come dimostrano le nuove direttive europee, ha aggiunto l’ex deputato vodese – che per inciso ha ricordato il defunto collega di partito Dick Marty molto attivo su questo tema da vivo, da Ruey definito un “vero liberale” – secondo cui è giunto il momento che il Consiglio federale, alquanto passivo al momento, mantenga le promesse e si dia da fare.

Come liberale, ha sostenuto Ruey, mi sta a cuore il principio di responsabilità che obbliga persone e imprese a prendersi carico delle proprie azioni.

Danni ambientali e sociali

Le ragioni per adottare nuove disposizioni ci sono tutte, secondo Andreas Lustenberger di Caritas che ha citato, a mo’ d’esempio, gli scandali di corruzione e le accuse di violazione dei diritti umani e delle norme ambientali che accompagnano la multinazionale Glencore, con sede a Zugo, da vent’anni a questa parte.

Lustenberger ha preso ad esempio una miniera di rame in Perù che ha inquinato vaste porzioni di territorio danneggiando una popolazione perlopiù povera composta di contadini e allevatori che vivono nelle vicinanze. Una legislazione più rigorosa nei confronti di quelle imprese che non rispettano i diritti umani e l’ambiente è insomma più che mai necessaria, perché nei paesi poveri dove sono attive molte di queste società la popolazione locale non può difendersi e, perdipiù, subisce le conseguenze negative del cambiamento climatico pur non essendone responsabile.

Oltre al caso del Perù, il consigliere nazionale Beat Flach (Verdi liberali) ha citato la multinazionale ginevrina del trading di metalli IXM, che in Namibia ha lasciato in eredità 300 mila tonnellate di rifiuti altamente tossici. Tra gli altri esempi negativi, citati dal comitato, figurano anche le raffinerie dell’oro, che importano metallo prezioso di origine problematica, o alcune multinazionali nel settore del cacao che traggono profitto dal lavoro minorile.

Provvedimenti più severi

Alla luce di questi esempi, per Flach sono diventate ineludibili prescrizioni chiare e più stringenti che obblighino le multinazionali svizzere a rispettare i diritti umani e gli standard ambientali nelle loro attività commerciali e a ridurre le emissioni dannose per il clima.

Gli obblighi richiesti – allineati agli standard internazionali in materia e alle nuove direttive europee – si applicherebbero alle società con almeno mille dipendenti e un fatturato pari o superiore a 450 milioni di franchi.

Nel settore sensibile e ad alto rischio delle materie prime, inclusa la raffinazione dell’oro – settore quest’ultimo che vede la Svizzera tra i maggiori attori mondiali -, saranno interessate anche le grandi società che non superano queste soglie, ha specificato il deputato argoviese.

Risarcimenti e controlli

Per garantire che tutte le multinazionali rispettino le nuove regole, l’iniziativa prevede che le persone i cui diritti umani sono stati violati possano chiedere un risarcimento presso un tribunale civile elvetico.

Il rispetto delle regole, ha sottolineato Flach, sarà inoltre soggetto a controlli a campione da parte di un organo di vigilanza indipendente, come avviene in altri Paesi europei.

PMI escluse

Per tenere in considerazione il dibattito già svoltosi in Svizzera, ha puntualizzato il consigliere Verde liberale, prevediamo alcune concessioni a chi si opponeva alla prima Iniziativa per multinazionali responsabili.

Sono infatti esclusi dalla responsabilità i fornitori, mentre la questione dell’onere della prova è regolata in modo più aperto rispetto alla prima Iniziativa. Le piccole e medie imprese non rientrano nell’ambito d’applicazione della nostra proposta di modifica costituzionale, ha puntualizzato Flach.

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