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Divieto di manifestare, i sindacati ginevrini perdono a Strasburgo

L aula della Corte europea dei diritti dell uomo a Strasburgo.
La decisione della Grande Camera della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) è definitiva. © Keystone / Christian Beutler

I sindacati ginevrini erano stati costretti a rinunciare alla manifestazione del primo maggio del 2020 a causa delle misure restrittive del Consiglio federale. Ora la Grande Camera della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) ha stabilito che il ricorso per violazione della libertà di opinione e di manifestazione durante la pandemia di Covid-19, presentato dai sindacati ginevrini, è irricevibile.

Irricevibile poiché i sindacati ginevrini non hanno sfruttato opportunamente le possibilità giuridiche in Svizzera prima di rivolgersi a Strasburgo. In altre parole, la ricorrente avrebbe dovuto impugnare direttamente il divieto di manifestare emesso specificamente nei suoi confronti.

La Grande Camera, riunitasi lunedì in udienza pubblica, fa dunque dietrofront e respinge l’istanza della Communauté genevoise d’action syndicaleCollegamento esterno. Istanza suprema della CEDUCollegamento esterno, la Grande Camera si è pronunciata in appello su richiesta della Confederazione in seguito alla sua condanna del marzo 2022.

L’Ufficio federale di giustizia, che ha rappresentato la Svizzera davanti alla CEDU, dichiara di “prendere conoscenza della sentenza della Grande Camera”, sottolineando che questa decisione è definitiva e rimpiazza quella del marzo 2022Collegamento esterno.

Manifestazione annullata

Invece di impugnare il ricorso, i sindacati ginevrini si erano rivolti alla CEDU il 26 maggio 2020, lamentandosi di essere stati forzati a ritirare la loro richiesta di autorizzazione per la tradizionale manifestazione del primo maggio a causa dell’ordinanza. Quest’ultima era entrata in vigore il 16 marzo, con validità fino al 30 maggio 2020.

I giudici di Strasburgo considerano che, così facendo, la ricorrente non ha fatto il necessario per permettere alle giurisdizioni svizzere di intervenire. In effetti, avrebbe potuto chiedere il controllo della costituzionalità dei divieti introdotti dall’ordinanza 2 Covid-19 facendo ricorso contro una sua applicazione.

Contesto delicato

L’istanza suprema ricorda inoltre il contesto altamente sensibile della pandemia di Covid-19. In queste condizioni era ancora più importante che le autorità nazionali potessero procedere ad una valutazione fra interessi privati e pubblici. Ciò nel rispetto dei diritti protetti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

La Grande Camera ha preso la sua decisione con una maggioranza di 12 giudici contro 5. Ha invece giudicato all’unanimità irricevibile l’argomento di una violazione della libertà sindacale. Infatti, questa doglianza è stata invocata troppo tardi.

La CEDU aveva ammesso il 15 marzo 2022 il ricorso dei sindacati ginevrini e constato una violazione della libertà di riunione e di associazione. Questa aveva giudicato “sproporzionato” sia i limiti imposti alla ricorrente nei suoi diritti sia le pesanti sanzioni previste dall’ordinanza. Inoltre, ha ritenuto che la Communauté genevoise d’action syndicale non disponesse di un mezzo di ricorso effettivo all’epoca dei fatti. La Corte aveva preso la sua decisione con 4 voti contro 3.

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