Dazi climatici, un’idea che non piace a tutti
Per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, tra le opzioni al vaglio in seno all'Unione Europea vi è anche l'introduzione di un 'dazio climatico'. In Svizzera l'idea seduce la sinistra, ma è osteggiata dagli ambienti economici.
La cosiddetta ‘carbon border tax’ dovrebbe in un primo tempo essere applicata – il condizionale è d’obbligo visti gli ostacoli ancora da superare – a tutti quei prodotti la cui fabbricazione necessita di una grossa quantità di energia, in particolare acciaio, cemento e alluminio.
Per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 fissato in dicembre, saranno necessarie tutta una serie di misure che renderanno verosimilmente più cari soprattutto questi prodotti molto energivori. E le aziende europee rischiano di trovarsi in una posizione sfavorevole rispetto a quelle di paesi in cui non saranno applicati simili provvedimenti. Da qui l’idea di introdurre dei ‘dazi climatici’ su questi prodotti importati, al fine di far sì che le imprese europee possano giocare nella stessa categoria delle loro concorrenti extra-UE.
In Svizzera questa idea piace agli ambientalisti e ai partiti di sinistra e che alcuni, come la verde liberale Kathrin Bertschi, interpellata dalla Radiotelevisione Svizzera, vedrebbero di buon occhio anche per altri prodotti che distruggono l’ambiente.
Per il mondo economico e la destra liberale, i dazi sono invece la strada sbagliata. “Se ci si barrica dietro a muri doganali – sostiene l’organizzazione Economiesuisse – la capacità innovativa nel continente diminuirebbe, perché ci si sentirebbe protetti. La via giusta, anche per il clima, è invece promuovere gli investimenti e puntare su tecnologie migliori”.
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