Gli USA accusano la svizzera di manipolazione valutaria
Gli Stati Uniti hanno accusato mercoledì la Svizzera e il Vietnam di manipolare la propria valuta per ottenere dei vantaggi commerciali. La Banca nazionale svizzera BNS smentisce fermamente.
La Svizzera soddisfa tutti i criteri che indicano una manipolazione valutaria. L’accusa, nell’aria da qualche tempo, è arrivata mercoledì ufficialmente dal Dipartimento del tesoro statunitense, che tiene sotto controllo la politica monetaria elvetica.
Immediata la smentita giunta dalla Banca nazionale svizzera (BNS).
Gli Usa, nell’ultimo rapporto del Tesoro dell’era Donald Trump sui tassi di cambio, hanno bollato la Confederazione – al pari del Vietnam – come un Paese manipolatore di valuta al fine di ricavarne un vantaggio commerciale. Nel documento viene analizzata la situazione dei venti principali partner di Washington tra luglio 2019 e giugno 2020.
Il rapporto invita inoltre la Cina a “migliorare la trasparenza” nella gestione della propria moneta, soprattutto per quanto riguarda i rapporti della banca centrale con gli istituti controllati dallo Stato. Pechino figura, insieme a un’altra decina di Paesi fra cui Italia, Germania e Giappone, nella lista di quelli sotto sorveglianza.
Tre criteri soddisfatti
Secondo il ministero, che sta tenendo d’occhio gli acquisti di divise della BNS, Berna e Hanoi soddisfano tutti e tre i criteri sui quali le autorità si basano per individuare gli squilibri nel commercio con gli Usa e le pratiche valutarie sleali. Gli americani intendono ora approfondire le consultazioni con entrambe le nazioni sul tema.
Il primo criterio invocato dagli Usa è l’eccedenza commerciale della Svizzera, che supera ampiamente i 20 miliardi di dollari fissati dal Tesoro e continua a essere una spina nel fianco oltreoceano. Per il secondo, viene esaminato il saldo delle partite correnti basandosi sulle analisi del Fondo monetario internazionale (FMI). Anche in questo caso, il surplus, rispetto al Pil elvetico, oltrepassa di gran lunga la soglia accettata (8,8% a metà 2020 contro il 2%). Come detto, Berna soddisfa ora anche il terzo requisito, relativo agli interventi ritenuti eccessivi della BNS sul mercato dei cambi.
BNS smentisce subito
Non si è fatta attendere la reazione della BNS, che ha smentito le accuse. L’istituto, in un comunicato, dichiara che manterrà il suo approccio in termini di politica monetaria, rimanendo pronto a intervenire sempre più sul mercato dei cambi – come già fatto massicciamente quest’anno – in considerazione della situazione economica e del valore elevato del franco, il cui apprezzamento eccessivo è giudicato dannoso.
“La Svizzera non è coinvolta in alcuna manipolazione valutaria”, assicura la BNS. Gli interventi della banca nazionale non mirano ad impedire adeguamenti della bilancia dei pagamenti o a ottenere vantaggi concorrenziali ingiustificati, bensì sono necessari per garantire condizioni adeguate e prezzi stabili, si legge nella nota.
Rimarcando l’importanza della partnership economica con Washington, la BNS dice di essere in contatto con le autorità a stelle e strisce per spiegare la particolare situazione della Svizzera. L’istituto sta concludendo la propria valutazione trimestrale sulla politica monetaria e domani informerà sulle decisioni.
Da parte sua, la Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali (SFI) ha confermato l’intenzione di avviare discussioni con gli Usa per chiarire la questione. Non è ancora chiaro se alla Confederazione verranno imposte sanzioni, ha detto il portavoce Mario Tuor all’agenzia finanziaria AWP.
Una mossa nell’aria
La notizia non è un fulmine a ciel sereno. La settimana scorsa l’agenzia Reuters, citando fonti anonime informate sul dossier, aveva reso noto che entro poco tempo la Svizzera poteva essere destinata a finire sulla blacklist americana.
Gli esperti interpellati dall’AWP hanno confermato come la mossa degli Stati Uniti non rappresenti una sorpresa. Per Thomas Gitzel, capo economista presso VP Bank, il mandato di Trump sta per scadere e dunque non vi è da aspettarsi sanzioni. Con l’arrivo del più conciliante Joe Biden alla Casa Bianca, la Svizzera può tirare un sospiro di sollievo.
Thomas Flury, specialista di UBS, insiste proprio sulla “sorprendente tempistica” della decisione, con il cambio di amministrazione ormai dietro l’angolo. A suo avviso, le conseguenze sono pertanto al momento poco chiare. Stando a Karsten Junius, della banca privata J. Safra Sarasin, l’attuale governo vuole apparire una volta di più duro sulle questioni commerciali. L’impatto pratico sarà però scarso.
La conseguenza a breve termine dell’annuncio è stata che euro e dollaro hanno guadagnato nei confronti del franco. In pochi minuti, la moneta unica è passata dall’essere scambiata a 1,0770 fino a 1,0807. Il biglietto verde è passato da 0,8838 franchi per un dollaro a 0,8867.
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tvsvizzera.it/Zz/ats con RSI (TG del 16.12.2020)
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