Vento contrario per i partiti anti-frontalieri
L'onda verde abbattutasi questo fine settimana sul Parlamento svizzero ha avuto ripercussioni sui partiti anti-frontalieri. La Lega dei Ticinesi ha perso uno dei suoi due seggi, mentre il Mouvement citoyen genevois (MCG) scompare dal Consiglio nazionale.
Se a Ginevra l’MCG piange, in Ticino la Lega dei Ticinesi di certo non ride. Il primo avviso di tempesta era arrivato in aprile in occasione delle elezioni cantonali: il movimento fondato da Giuliano Bignasca aveva perso quattro seggi nel parlamento cantonale, scendendo dal 20,6% del 2015 al 16,3%. Una tendenza confermatasi anche alle federali del 20 ottobre. La Lega ha infatti perso cinque punti percentuali rispetto a quattro anni or sono (dal 20,9 al 15,9%) e uno dei suoi due seggi alla Camera del popolo. Nei prossimi quattro anni a Berna siederà così il solo Lorenzo Quadri, mentre dopo due legislature Roberta Pantani deve salutare la capitale.
“La Lega deve tornare a essere più movimento e meno partito – ha commentato lo stesso Quadri, citato dal Corriere del Ticino. Bisogna recuperare l’anima di piazza, l’anima di opposizione. Non deve essere solo un partito di supporto a chi ha cariche esecutive. Chi sta in Parlamento deve darsi più da fare, sollevare più temi”. La Lega, insomma, si sarebbe trasformata in questi ultimi anni in un partito come un altro, troppo imbrigliato agli incarichi istituzionali. Attaccato alle ‘poltrone’, direbbe qualcuno. L’analisi del consigliere nazionale leghista è in parte condivisa da altri esponenti di spicco del movimento, come il figlio del fondatore, Boris Bignasca: “È da troppo tempo che non scendiamo in piazza”, ha dichiarato. Per il membro del Consiglio di Stato (governo cantonale) Norman Gobbi i cavalli di battaglia della Lega, i suoi temi di predilezione, “sono meno forti di un tempo”.
Un tema meno centrale
La questione del frontalierato – spesso e volentieri cavalcata dalla Lega – non ‘tira’ più come qualche anno fa? La risposta, sostiene il politologo dell’Università di Losanna Oscar MazzoleniCollegamento esterno, è piuttosto un’altra: “La visibilità pubblica e politica di questo tema è diminuita ed è stata oscurata da un’altra emergenza, quella climatica”.
Ciò non significa che la problematica dei frontalieri sia meno sentita nel cantone a sud delle Alpi (e a Ginevra), ma piuttosto che non è più in cima all’agenda politica. “Da un po’ di tempo, la Lega, ma anche l’Unione democratica di centro, danno meno centralità al tema. Alle cantonali di aprile se ne era parlato poco e ciò si è verificato ancora questa volta”. Di campagne aggressive come quella promossa nel 2010 non dalla Lega bensì dall’UDC, la famosa “Bala i ratt”, che paragonava i frontalieri italiani a dei topi che rubano il formaggio agli svizzeri, questa volta non c’è stata traccia.
Puntando troppo sul tema dei frontalieri – rileva ancora Mazzoleni – si sarebbe rischiato di suscitare le ire di un partito – la Lega Nord – molto vicino al movimento ticinese. E soprattutto, “già da qualche anno la Lega dei Ticinesi sembra avere tralasciato alcuni temi di protesta meno in sintonia con il ruolo del partito in seno alle istituzioni”, osserva il politologo, ricordando che il movimento fondato nel 1991 ha dal 2011 due consiglieri di Stato su cinque nel Governo cantonale e in Gran Consiglio (parlamento) è il secondo partito più importante.
Infine, la scelta della Lega e anche dell’MCG a Ginevra di seguire in gran parte l’agenda dell’UDC, ossia facendo campagna soprattutto sulla questione dei rapporti tra Svizzera e Unione Europea, non si è rivelata così pagante: “In cantoni come il Ticino o Ginevra, se slegato da quello dei frontalieri, questo tema perde di incisività””.
Il calo della Lega dei Ticinesi alle elezioni federali va relativizzato. Come si può vedere dal grafico seguente, se si sommano le percentuali ottenute dalla Lega e dall’Unione democratica di centro, le due formazioni di destra che hanno posizioni simili sui frontalieri e che erano alleate per queste ultime elezioni, si nota che il risultato è pur sempre il secondo migliore negli ultimi trent’anni.
MCG, una caduta vertiginosa
Nel cantone della Svizzera romanda, lo scotto pagato dal Mouvement citoyen genevois è ancora più pesante. Fondato nel 2005, l’MCG ha contraddistinto la vita politica ginevrina degli ultimi 15 anni. All’inizio di questo decennio, il partito populista, che milita per la preferenza cantonale e il cui principale cavallo di battaglia è la lotta contro i frontalieri, seduceva quasi un elettore su cinque ed era riuscito a diventare la seconda forza politica del cantone.
Nel 2011, l’MCG era riuscito nell’exploit di fare eleggere a Berna Roger Golay e due anni dopo, con Mauro Poggia, un’altra figura di spicco del partito era entrata nel Governo cantonale.
Domenica, però, il movimento anti-frontalieri ha subito una cocente sconfitta, raccogliendo a Ginevra appena il 5,4% dei voti per l’elezione in Consiglio nazionale. Una percentuale insufficiente per permettere a Roger Golay di rimanere a Berna.
Come la Lega in Ticino, anche alle elezioni cantonali del 2018 l’MCG aveva già fatto segnare una battuta d’arresto, dimezzando i voti rispetto al 2013 e perdendo nove seggi nel Parlamento cantonale.
Lotte intestine, ma non solo
Le lotte intestine che hanno minato il partito in questi ultimi anni, in particolare con l’uscita di scena del fondatore Eric Stauffer, hanno dato un duro colpo all’MCG. A pesare sulla sconfitta di domenica è stata pure la difficoltà a stringere alleanze con altri partiti, in primis l’UDC, il cui terreno di caccia elettorale è più o meno lo stesso.
Anche l’MCG ha però sofferto perché la questione dei frontalieri non è più in cima all’agenda politica. “Quando i temi di attualità erano i migranti e la sicurezza, gli elettori votavano per i partiti conservatori. Oggi a sedurre sono i Verdi, poiché siamo in un periodo di crescita, ha dichiarato Roger Golay al giornale 20 Minutes dopo la sua non rielezione.
Inoltre, osserva il politologo Pascal SciariniCollegamento esterno, “l’MCG non ha più il monopolio sui frontalieri, poiché questa tematica è ormai presa sul serio da tutti i partiti”.
Secondo Sciarini non è escluso che l’MCG presto o tardi scompaia, come accaduto al movimento di estrema destra Vigilance, diventato nel 1985 il secondo partito del cantone. “È un fenomeno tipicamente ginevrino: a scadenze regolari parte dell’elettorato manifesta il suo pessimo umore, votando per formazioni anti-sistema, prima di rientrare nei ranghi”. Un rischio che non dovrebbe invece correre la Lega, ormai “impiantata da molto tempo in Ticino”.
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