La Covid-19 ferma le lancette degli orologi svizzeri
Il coronavirus sta assestando un duro colpo all'orologeria svizzera. Nel 2020 il settore potrebbe attraversare la più grave crisi della sua storia. Gli esperti confidano però nella capacità dei fabbricanti di rialzarsi, come hanno già saputo fare più volte in passato.
Da qualche settimana negli atelier orologieri del paese regna un silenzio assordante. Quasi tutte le catene di produzione sono ferme e i dipendenti sono pregati di restare a casa in attesa di giorni migliori. “Su 50’000 persone attive nel settore che sottostà al contratto collettivo di lavoro, 40’000 sono attualmente in disoccupazione parziale. Nella storia dell’orologeria svizzera non si era mai vista una situazione simile”, afferma Ludovic Voillat, portavoce della Convenzione padronale dell’orologeria svizzeraCollegamento esterno.
+ Come funziona la disoccupazione parziale in Svizzera
Le misure di confinamento imposte a gran parte dell’umanità, la chiusura dei negozi e l’impossibilità di viaggiare rappresentano dei freni all’acquisto degli orologi “Swiss Made”. Secondo un rapporto della banca Vontobel pubblicato a inizio aprile, le esportazioni del settore dovrebbero subire quest’anno un tracollo del 25%. Una proporzione superiore a quella registrata durante la crisi degli orologi al quarzo (-15,2% nel 1972) o durante quella finanziaria del 2009 (-22%).
L’analisi è confermata da Olivier Mueller, esperto di orologi presso LuxeConsultCollegamento esterno: “Il fatturato del settore dovrebbe diminuire in media del 20%. Per quanto concerne i volumi, si dovrebbe ritornare al livello del 1945, con probabilmente meno di 16 milioni di pezzi venduti”.
Piccole marche e fornitori di pezzi in pericolo
Di fronte a questa crisi senza precedenti che si sta abbattendo su uno dei fiori all’occhiello dell’industria d’esportazione elvetica, non tutti sono però sulla stessa barca. Le marche prestigiose, come Rolex, Patek Philippe, Audemars Piguet e Omega, dovrebbero resistere alla tempesta senza subire troppi danni, mentre molte piccole marche indipendenti potrebbero esser costrette a chiudere bottega nei prossimi mesi.
“Tra 30 e 60 marche di orologi ‘Swiss Made’ – su un totale di 350 – non ce la faranno, prevede Olivier Müller. Secondo il mio conteggio, dall’inizio della crisi una decina di case orologiere hanno già presentato istanza di fallimento”.
Anche i fornitori di pezzi rischiano di subire danni irreversibili. Alla recessione mondiale che si annuncia di un’ampiezza paragonabile a quella della crisi petrolifera degli anni ’70, si aggiungono problemi strutturali importanti.
Da qualche anno, l’arrivo sul mercato degli ‘smartwatch’, gli orologi connessi, sta infierendo un duro colpo alle marche “Swiss Made” attive nel segmento più a buon mercato. “La riduzione dei volumi, che si è ulteriormente accelerata con questa crisi, colpisce in pieno i fornitori, che rappresentano uno dei pilastri della nostra industria”, osserva Olivier Mueller.
Quanti posti scompariranno?
I timori per la perdita di posti di lavoro e di ‘know-how’ sono grandi. “Difficilmente l’orologeria svizzera riuscirà a superare questa crisi senza una grave frattura sociale”, sottolinea Raphaël Thiemard, responsabile del settore orologiero presso il sindacato Unia. Se per il momento la maggior parte delle aziende ha incassato il colpo facendo capo alla disoccupazione parziale, entro la fine dell’anno un’ondata di licenziamenti appare inevitabile.
I lavoratori interinali, che sono i primi a subire i contraccolpi delle difficoltà congiunturali, ne avevano già fatto le spese alla fine del 2019, dopo il calo importante delle esportazioni verso Hong Kong, primo mercato degli orologi svizzeri.
“Durante la crisi del 2009, il settore aveva perso oltre 4’000 posti fissi. L’evoluzione rischia di essere la stessa per questa crisi, anche se è difficile fare dei pronostici viste le numerose incognite”, rileva Ludovic Voillat.
Tutto dipenderà in particolare dalla rapidità con cui gli affari riprenderanno nel mercato asiatico. Dalla Cina giungono alcuni segnali positivi, con la fine progressiva del confinamento, ma una vera e propria ripresa non avverrà prima della fine dell’estate.
Aspettando le “emozioni positive”
La banca Vontobel scommette invece su una netta ripresa nel 2021, con una crescita delle esportazioni dell’ordine del 15%. Il mercato potrebbe tuttavia essere molto saturo, poiché la maggior parte delle marche ha rinviato di un anno la presentazione dei loro nuovi modelli.
“L’industria svizzera ha dimostrato più volte di essere resiliente e capace di ripartire, afferma con un tocco d’ottimismo Raphaël Thiemard. La sua principale forza risiede nella capacità di esportare i suoi prodotti nel mondo intero. Lo si è visto con la crisi a Hong Kong: quando un mercato è in difficoltà, ne subentrano altri, nella fattispecie Cina, Giappone e Stati Uniti”.
Il messaggio indirizzato recentemente alle aziende a associazioni orologiere del paese da Jean-Daniel Pasche, presidente della Federazione dell’industria orologiera, va nello stesso senso: “Spero sinceramente che le nostre aziende riescano a superare questo periodo problematico senza intaccare troppo la loro sostanza, per tornare ad essere pienamente operative quando vi saranno giorni migliori: l’orologeria svizzera sarà infatti presente quando le persone potranno nuovamente provare emozioni positive e avranno il desiderio di farsi piacere”.
Il Giura e le Alpi particolarmente toccate dalla crisi
Culla dell’industria orologiera e microtecnica svizzera, l’Arco giurassiano sarà tra le regioni più toccate dalla crisi causata dalla Covid-19, stando a uno studio di UBS presentato una settimana fa.
Anche la Svizzera orientale, dove sono insediate numerose industrie, e i cantoni alpini dei Grigioni e del Vallese, colpiti dalla paralisi quasi totale del turismo, subiranno danni particolarmente gravi.
I grandi centri urbani come Zurigo, Basilea, Ginevra e Berna, meno esposti ad attività legate al turismo e all’industria, non sfuggiranno alla recessione, ma la vivranno in modo meno marcato. L’economia svizzera dovrebbe registrare una contrazione del 6,7% quest’anno, il calo più consistente dal 1975, secondo le previsioni della Segreteria di Stato dell’economia.
Traduzione di Daniele Mariani
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