Processo d’appello in Francia per UBS
Due anni fa UBS è stata condannata dalla giustizia francese a pagare una multa di 4,5 miliardi di euro per aver aiutato sistematicamente i clienti francesi a evadere il fisco. Contro quella decisione UBS fece ricorso e oggi è iniziato il processo d'appello.
La grande banca elvetica è accusata di essere andata a caccia di clienti nell’esagono, fra il 2004 e il 2022, per convincerli ad aprire conti in Svizzera non dichiarati alle autorità tributarie. Gli inquirenti avevano stimato che gli averi celati allo sguardo del fisco ammontassero ad almeno 10 miliardi di euro. Legalmente UBS deve rispondere di fornitura illecita di servizi finanziari a domicilio e di riciclaggio aggravato del provento di frode fiscale.
Il tribunale penale di Parigi aveva accolto nel febbraio 2019 la tesi dell’accusa: l’istituto allora guidato da Sergio Ermotti si era visto infliggere una multa record di 3,7 miliardi di euro, a cui andava aggiunto un risarcimento di 800 milioni di euro, per un ammontare complessivo che al cambio attuale corrisponde a 5 miliardi di franchi. La società elvetica aveva annunciato ricorso il giorno stesso della sentenza.
Nessun patteggiamento
La banca ha rinunciato a un patteggiamento, che secondo le parole di Ermotti sarebbe stato “molto caro”. In un’intervista l’ex Ceo aveva detto inoltre che sarebbe stato “un segnale catastrofico pagare miliardi in assenza di prove di errori”.
Nel frattempo dopo il giudizio di primo grado sono anche intervenuti importanti sviluppi: nel settembre del 2019 la Corte di Cassazione di Parigi ha stabilito che i tribunali francesi devono calcolare le multe per frode fiscale sulla base delle tasse evase, e non sull’entità dei patrimoni non dichiarati. Questo orientamento potrebbe essere di grande importanza per UBS e potrebbe avere un impatto favorevole sull’esito del processo d’appello, almeno per quanto riguarda l’importo della multa.
UBS presenta anche una nuova linea di difesa, che fa leva sull’accordo sulla fiscalità del risparmio del 2004 sottoscritto da Svizzera e Unione europea. “Questo accordo ha permesso alle banche elvetiche di gestire beni di clienti stranieri mantenendo il segreto bancario”, ha detto due settimane fa alla Neue Zürcher Zeitung il professore di diritto Peter Nobel, che funge da consulente della banca. Per UBS era quindi legale gestire denaro appartenente a clienti francesi.
Indipendentemente dall’esito del secondo round del match “UBS vs Francia” – il processo durerà sino al 24 marzo – è possibile che la vicenda tenga occupata UBS ancora a lungo: potrebbero infatti trascorre altri anni prima di giungere a un giudizio finale.
tvsvizzera.it/fra con RSI
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