La Procura federale tra riassetto e nuove sfide
La Procura federale apre le sue porte a RSI News. Intervista a Dounia Rezzonico: l'MPC fra riassetto, critiche al suo operato e nuove sfide.
È trascorso poco più di un anno dall’avvio della riorganizzazione del Ministero pubblico della ConfederazioneCollegamento esterno (MPC). Della Procura federale – attualmente diretta da Michael Lauber – sentiamo parlare, se non spesso, senz’altro con una certa continuità. Sono non di rado complesse le vicende penali per le quali sostiene l’accusa. Le sue competenze hanno un carattere di esclusività e investono ambiti giudiziari particolarmente rilevanti: dalla sicurezza della Svizzera alla corruzione; dal riciclaggio fino alla criminalità organizzata. Eppure si ha spesso l’impressione che, nella popolazione, non sia sempre chiarissima la distinzione fra le attività dell’MPC e quelle delle ordinarie procure cantonali.
Un’impressione che ci viene confermata da Dounia Rezzonico. Un incontro con la procuratrice della Confederazione – da un paio d’anni a capo della sede MPC di Lugano – si presta benissimo a fare il punto non solo sulle funzioni della Procura federale, ma anche sul suo tanto discusso riassetto: una riorganizzazione che non è stata certo indolore, ma scandita da una riduzione delle divisioni operative, dall’uscita di scena di alcuni procuratori Collegamento esternoe anche da alcune dimissioni polemicheCollegamento esterno.
Inevitabile un certo dibattito pubblico, e con un interrogativo di fondo: cosa aveva reso indispensabile questa ristrutturazione? “La presa di coscienza che i casi sono sempre più complessi e che una gestione dinamica ed efficace delle risorse è pertanto necessaria“, ci risponde la procuratrice capo, aggiungendo che con l’attuale assetto le divisioni e le sedi dell’MPC risultano più permeabili e che i problemi possono quindi essere gestiti in modo più diretto. Si tratta, in definitiva, di “rispondere nel modo più adeguato ed efficace al fenomeno criminale“.
La riorganizzazione aveva però suscitato – osserviamo – non pochi timori per il futuro della sede dell’MPC nella Svizzera italiana. C’era stata, nel 2015, la discussa rimozione del predecessoreCollegamento esterno di Rezzonico, Pierluigi Pasi. E c’erano state quindi, da parte dei parlamentari federali ticinesi, richieste di chiarimentiCollegamento esterno sul futuro della sede di Lugano. Essa tuttavia “non è mai stata in pericolo“, assicura la procuratrice. “Il cambiamento è stato notevole“ e la sede di oggi non è più quella di allora. Tuttavia, “la comunicazione da parte dell’MPC era sempre molto chiara. Non siamo mai stati lasciati allo sbando. Era veramente sempre chiaro cosa saremmo diventati e il fatto che avremmo continuato ad esistere“, afferma.
La cronaca, non di rado, si incarica di evidenziare il lavoro della Procura federale sul fronte del perseguimento penale del terrorismo e della criminalità organizzata. Un dato più che comprensibile, viste le preoccupazioni della popolazione segnatamente sul piano della sicurezza. È tuttavia la criminalità economica, quella che occupa maggiormente l’MPC. Attualmente “abbiamo più o meno 250 incarti sul riciclaggio di denaro e un’ottantina sulla corruzione internazionale“, rileva Rezzonico, citando la risonanza di casi come lo scandalo PetrobrasCollegamento esterno o la vicenda del fondo 1MDB, che in Ticino per la banca BSICollegamento esterno ha segnato l’inizio della fine.
Anche ai dossier della criminalità economica e della corruzione sono tuttavia legate alcune sconfitte, di rilievo, che l’MPC ha dovuto incassare in sede processuale. E con tutte le inevitabili critiche sorte, nell’opinione pubblica, per verdetti sfavorevoli a fronte di un lavoro istruttorio che implica certamente tempo e oneri. Come si pone allora l’MPC rispetto a questi rilievi sui suoi risultati e sui suoi iter procedurali?
Dounia Rezzonico riconosce gli esiti di procedure “che sono durate oggettivamente a lungo e non hanno avuto il riscontro auspicato in sede di tribunale”. Tuttavia, aggiunge, “abbiamo anche avuto” sentenze favorevoli “che non sempre, forse, hanno la stessa eco mediatica”. Su un piano più generale, la procuratrice sottolinea quindi tutte le implicazioni legate alle procedure con le autorità giudiziarie straniere.
“L’internazionalità è la discriminante su cui si fonda la nostra competenza. Dobbiamo spesso andare a cercare i mezzi di prova all’estero, con commissioni rogatorie, interrogatori, tutto questo genere di misure… E non sempre riceviamo i risultati nei tempi, nella forma o nella completezza sperati“. Inoltre ci sono anche ambiti in cui l’MPC, come tutti i ministeri pubblici, porta in tribunale delle questioni “affinchè il tribunale, che crea la giurisprudenza, delimiti e fissi determinati paletti”.
Di conseguenza, sostiene la magistrata, “una non condanna non necessariamente in tutte le occasioni equivale ad una sconfitta”, ma può essere interpretata come la via che il Tribunale penale federaleCollegamento esterno (TPF) indica come margine possibile d’azione. Intanto l’MPC, per ottimizzare il proprio operato, ha introdotto un sistema di coaching/controlling volto a esaminare periodicamente gli incarti, a individuare eventuali problematiche e a predisporre all’occorrenza risorse per l’accelerazione delle pratiche. “Cerchiamo dunque di accorciare i tempi laddove possibile”, assicura la magistrata.
In questo contesto si colloca anche una nuova struttura centrale per identificare le istanze destinate a essere gestite nel quadro di inchieste penali. In precedenza, ci spiega Rezzonico, vi erano più canali d’accesso all’MPC e ciò “poteva creare il fatto che la stessa cosa venisse trattata in modo diverso”, a causa delle diversità d’approccio fra un magistrato e l’altro. Invece, con l’introduzione di un unico gremio “che raccoglie tutte le entrate all’MPC, si riesce dapprima ad avere una visione globale” e a prevedere già tempestivamente tendenze e problematiche da affrontare. “È un po’ un termometro”, spiega la procuratrice, “che ci consente di prendere la temperatura esterna, di adattare le risorse e di avere un’entrata unica” all’MPC.
Quanto alla collaborazione con le autorità inquirenti straniere, si rende necessaria, fra vari aspetti, anche l’esigenza di affrontare il problema di quelle impugnazioni – spesso del tutto strumentali – che determinano lunghe attese prima di poter trasmettere mezzi di prova all’estero. Sovente questi ricorsi sono interposti dai soggetti coinvolti “con l’unico scopo di dilatare i tempi” procedurali, osserva Dounia Rezzonico. Una soluzione caldeggiata dall’MPC, in questo senso, potrebbe essere rappresentata da un’ assistenza “dinamica” sul piano delle informazioni: esse, in buona sostanza, potrebbero essere trasmesse anticipatamente alle autorità estere “per l’uso a fini d’inchiesta” ma “non come mezzi di prova” per preparare, ad esempio, atti d’accusa. Ciò si tradurrebbe in un netto calo di questi ricorsi di natura strumentale e – di conseguenza – in un importante sgravio per le attività della Procura federale.
Anche un meccanismo come questo va nel senso di una maggiore efficacia del perseguimento penale: una necessità sempre costante in campo giudiziario. Del resto i tempi cambiano e con essi anche la fisionomia del fenomeno criminale: la sua insidiosa mutevolezza impone ai magistrati rinnovate modalità d’azione. Una sfida che vede certamente in prima linea il Ministero pubblico federale.
Articolo originale su RSI NewsCollegamento esterno
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