Offensiva austriaca contro “l’Islam politico”
Il cancelliere conservatore austriaco Sebastian Kurz ha annunciato venerdì l'espulsione dal paese di decine di imam e la chiusura di diverse moschee finanziate dalla Turchia.
Questa decisione, ha precisato Kurz, è legata alla rappresentazione messa in scena da bambini vestiti da soldato in una delle principali moschee di Vienna, luogo di culto affiliato alla comunità turca. Il soggetto era la battaglia di Gallipoli, emblematica nella storia dell’Impero ottomano.
Il valore simbolico di Gallipoli
La campagna dei Dardanelli, o battaglia di Gallipoli, è cominciata nel febbraio del 1915 con il tentativo dei franco-britannici di forzare lo stretto per impossessarsi di Costantinopoli, l’odierna Istanbul. Dopo il fallimento dell’attacco navale, gli alleati sono sbarcati in forza il 25 aprile sulla penisola di Gallipoli dove sono stati sconfitti dopo diversi mesi di offensiva.
L’Impero ottomano ha terminato la prima guerra mondiale nello schieramento degli sconfitti ed è stato smantellato. La battaglia di Gallipoli è diventato però un simbolo della resistenza che ha portato all’avvento della moderna Repubblica turca nel 1923.
In Svizzera una rappresentazione teatrale analoga avvenuta nell’ambito dei corsi di “Lingua e cultura d’origine” aveva già creato parecchio dibattito, specialmente perché questi corsi sono offerti nell’ambito del programma scolastico elvetico.
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“Società parallele, islam politico e radicalizzazione non hanno posto nel nostro paese”, ha assicurato il capo del governo austriaco.
Le foto della ricostruzione teatrale dello scontro armato che ha opposto le truppe ottomane e franco-britanniche nel 1915 erano state pubblicate all’inizio del mese dal settimanale di centrosinistra Falter.
Gli scatti mostravano i ragazzi in tenuta mimetica allineati in rango mentre facevano il saluto militare davanti a un pubblico di bambini. In un’altra foto dei giovani attori erano stesi a terra coperti da una bandiera turca, a simboleggiare i caduti.
Le reazioni di tutti gli schieramenti politici austriaci non si sono fatte attendere. Lo stesso cancelliere dopo la pubblicazione delle immagini aveva detto che “cose del genere non hanno posto in Austria” e ha promesso che il governo avrebbe dato prova di “tolleranza zero”.
E la forte reazione anticipata è arrivata venerdì. Secondo quanto annunciato dal ministro dell’interno Herbert Kickl, sono “circa 60 gli imam interessati dalla misura”. Se si tengono in considerazione anche le famiglie di questi ultimi, sono circa 150 le persone che potrebbero perdere il diritto di dimora in Austria, ha indicato.
Il primo commento di Ankara è arrivato su Twitter, dove Ibrahim Kalin, portavoce del presidente Recep Tayyp Erdogan, ha scritto che la misura austriaca è “il risultato dell’ondata populista, islamofoba, razzista e discriminatoria nel paese”.
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