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40 anni fa – La prima auto sotto il San Gottardo

Portale di galleria in cemento armato; un bus esce dal tunnel, auto entrano; gente tutt attorno guarda.
L'inaugurazione il 5 settembre del 1980, vista dal portale sud. I primi in assoluto a percorrere il tunnel furono degli autopostali. Keystone / Str

Quarant'anni fa aprì al traffico la galleria autostradale del San Gottardo. Costruita un secolo dopo il primo traforo ferroviario, fu un'opera senza precedenti da un punto di vista ingegneristico. Ma non tutti la salutarono positivamente: per alcuni coincise con la fine della tranquillità e persino di un mestiere. Riviviamo quei momenti attraverso i filmati d'archivio della Radiotelevisione svizzera.

Nel 1980 l’uomo vinse dunque per la seconda volta la montagna. Erano trascorsi 98 anni dal passaggio del primo treno a vapore sotto il San Gottardo (1° giugno 1882).

Al momento dell’apertura (5 settembre), si trattava del tunnel stradale più lungo al mondo: poco meno di 17 chilometri. Era costato 686 milioni di franchi, ovvero 41 mio/km, una spesa che -includendo pozzi e centrali di ventilazione già predisposti per due tubi- farà risparmiare tempo e denaro al momento della costruzione della seconda canna (2020-2029).

Montaggio di filmati d’epoca con le interviste all’ingegner Giovanni Lombardi, progettista, e al caposciolta Alberto Von Büren, unico minatore svizzero in zona avanzata.

Il “boom” di traffico

Chi nel 1980 non c’era, potrebbe immaginare il San Gottardo come ultimo tassello che completò il collegamento autostradale tra nord e sud dell’Europa.

In realtà, all’epoca la N2 (oggi A2) era ancora in costruzione a sud delle Alpi, e l’aumento del traffico generato dal nuovo traforo si ripercosse su diversi comuni della Valle Leventina -a Faido, oltre a temere per inquinamento e vibrazioni si faticava ad attraversare la strada- ma non solo. “Apriamo le finestre per cambiare l’aria alla piazza”, commentò un abitante di Agno, sulla strada per Ponte Tresa, valico di confine fino ad allora toccato da un traffico pesante del tutto marginale.

Uomo parla a un pulpito, dietro di lui bandiere CH+Ticino+Uri, accanto scolari con la scritta Airolo/Goeschenen sulle magliette
Un momento dell’inaugurazione con il consigliere federale Huerlimann. Keystone / Str

I dati confermano la sua percezione: a settembre 1980, in Ticino sull’asse del San Gottardo, si registrò un aumento del traffico del 100% rispetto allo stesso mese dell’anno prima. Tre volte di più rispetto alle precedenti inaugurazioni di gallerie, riferisce in un servizio televisivo dell’epoca il caposervizio della manutenzione delle strade nazionali.

L’apertura del San Gottardo influenzò anche i grandi trasporti su strada: la neve smise di essere un ostacolo e la galleria tra Göschenen e Airolo diventò presto il valico alpino privilegiato dal traffico pesante. Nel solo primo mese, alla dogana commerciale di Chiasso i transiti aumentarono del 10%.

Il San Gottardo è in posizione centrale e -al contrario di Brennero, Gran San Bernardo e Monte Bianco- non è soggetto a pedaggio. Rispetto al San Bernardino, ha 500 metri di dislivello in meno e un percorso di un’ora più breve. E così, nonostante le iniziali severe restrizioni di orario e di tonnellaggio, sempre più camion e autoarticolati imboccarono la via nuova.

Portale di galleria ancora in costruzione in ambiente alpino. Sulla sx, un grande masso
Anche il noto ‘Sasso del Diavolo’ pagò il suo tributo al tunnel: fu spostato per far spazio al portale nord. Keystone / Str

Treni navetta in pensione

La nuova galleria pose fine a un’epoca, quella dell’autostrada viaggiante per le vetture, iniziata prima della Seconda guerra mondiale: inizialmente, si aggiungevano in coda ai treni merci un paio di vagoni per caricare le automobili.

Poi arrivarono i treni navetta, che tra il 1950 e il 1979 trasportarono tra i 7 e i 9 milioni di veicoli, con un picco di poco meno di 600’000 nel 1967 (prima dell’apertura del San Bernardino) e 447’995 nel 1979 (ultimo anno completo prima dell’apertura del tunnel). Numeri superati -tra le linee di treni navetta tuttora esistenti- solo dal vecchio Lötschberg, che però non è valicato da alcuna strada e dunque non offre alternative, neanche d’estate.

Estratti da un servizio televisivo del 1980 sulla chiusura della ‘Rollende strasse’.

Con la chiusura della cosiddetta autostrada viaggiante, le stazioni ferroviarie di Airolo e Göschenen persero traffico e personale. Furono declassate, così come i loro funzionari.

Senza precedenti

Il San Gottardo richiese dieci anni di lavori. Gli oltre 15 anni trascorsi dai primi studi preliminari (1952) alla scelta del progetto e messa in appalto, furono invece i tempi della politica. Nel 1960, il Parlamento delineò la rete delle strade nazionali e soltanto dopo le conclusioni di uno studio, nel 1966, si poté davvero passare all’azione. Intanto, si era passati da un traffico previsto di massimo 350 veicoli l’ora a punte di 2’000.

A spiegarlo è colui che vinse il bando, l’ingegnere Giovanni Lombardi, intervistato nel centro di calcolo elettronico da un milione di operazioni al secondo che lo assisté nella progettazione . Fu “lunga e laboriosa” e presentò difficoltà e problemi del tutto nuovi, a partire dalla ventilazione di un traforo così lungo. In altre parole, Lombardi non poté rifarsi ad alcun modello.

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(Illustrazione) Schema di scavo di una galleria in 5 fasi
Non tutto lo scavo poté avvenire a sezione intera, anzi. RTS-SWI

A seconda della situazione geologica, servirono fino a 5 fasi di scavo per ogni singolo diaframma [vedi immagine]; solo buona parte del lotto sud fu effettuato “a sezione totale”. A sud, maestranze e materiale furono trasportate dentro e fuori dal tunnel su rotaia, a nord su gomma.

I pozzi (inclinati) di ventilazione furono realizzati con una scavatrice a testa rotante, prima dal basso verso l’altro, poi con una seconda fresa verso il basso per allargare lo scavo. Una tecnica che permise di ridurre la manodopera e il pericolo, poiché generò meno vibrazioni e, in assenza di gas d’esplosione, richiese meno ventilazione.

Immagine di un tunnel non ancora rifinito con raggi laser rossi che corrono lungo le pareti
Il laser aiutò a mantenere ben visibile l’asse di avanzamento. RSI-SWI

I ritardi furono di natura geotecnica. La geologia era stata naturalmente valutata, ma la frequenza degli inconvenienti come stacco di lastroni, franamenti, fenomeni di deformazione e irruzione di acqua ad alta pressione, detriti e fango non era prevedibile.

Sul versante nord, per recuperare i ritardi causati da questi fenomeni, si allestì un attacco intermedio.

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Famiglia posa nell interno di un tunnel stradale mentre qualcuno a fotografa; doppia linea sull asflato
Una foto ricordo prima dell’apertura al traffico. Keystone / Str

Un minatore svizzero

Mentre prepara la diretta televisiva della caduta dell’ultimo diaframma nel cunicolo di sicurezza (26 marzo 1976), l’allora Televisione della Svizzera italiana TSI intervista il capo sciolta Alberto Von Büren. È l’unico minatore svizzero in zona di avanzamento del lotto sud.

Il giornalista chiede a Von Büren come sia possibile che servano quasi 10 anni per portare a termine i 9 km di scavo previsti a sud, quando 100 anni prima in 10 anni si fece l’intera galleria ferroviaria e con meno macchine e conoscenze tecniche.

La risposta è certamente nella lunghezza dello scavo (solo tunnel nel 1872-82, contro il tunnel con cunicolo e pozzi trasversali nel 1970-80) ma anche negli uomini a disposizione: sul cantiere di Louis Favre erano attivi da 1’200 a 1’500 operai, mentre quello di un secolo dopo prevede l’impiego di massimo 250 uomini nei momenti di grande punta.

Cronaca diretta della caduta dell’ultimo diaframma, e immagini dei preparativi per la trasmissione.

Profondamente diverso fu anche l’annuncio della vittoria dell’uomo sul massiccio. Nel 1880 era stato il telegrafo, a dare la notizia della caduta dell’ultimo diaframma. Mentre nel 1976, in una diretta TV già a colori, il mondo poté vedere alle 11.56 ora svizzera l’apertura di una breccia e l’abbraccio degli operai provenienti da nord e da sud.

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