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Malaedilizia SA, prezzi imbattibili in Ticino

operai al lavoro all interno di una galleria
In Ticino un'inchiesta è in corso per presunte irregolarità nel cantiere della nuova galleria del Monte Ceneri. © Keystone / Gaetan Bally

Dal caso Consonni a quello sul cantiere Alptransit, la cronaca continua a riferire di abusi e taglieggiamenti a danno degli operai. I limiti dell’azione penale e il terreno torbido in cui avvengono questi episodi continuano a far discutere.

È stato definito uno dei più gravi casi di malaedilizia della Svizzera. Ad ottobre, quando la vicenda era giunta in Tribunale, si pensava si potesse scrivere la parola fine a questa brutta storia. Ma la decisione dei giudici sul caso Consonni (vedi box) ha lasciato di stucco: tutti assolti gli imputati, tra cui il titolare della società, accusato di usura per avere decurtato per anni il salario di undici operai. “La sentenza ha lasciato senza parole gli ex lavoratori impiegati in diversi cantieri elvetici con salari nettamente inferiori ai minimi dei contratti collettivi di lavoroCollegamento esterno (ccl)“, ha affermato il sindacato Ocst, all’origine della segnalazione alla Procura.

Il verdetto era molto atteso. Si pensava potesse dare indicazioni chiare su come contrastare, da un punto di vista del perseguimento penale, i taglieggiamenti sui salari. Risposte che però non sono arrivate: i giudici hanno assolto tutti per un vizio procedurale, senza chinarsi quindi nel merito del reato di usura. La pubblica accusa e alcuni operai hanno annunciato ricorso.

Il caso Consonni

Da Ginevra a Losanna, da Andermatt a Cademario, sono oltre 25 i milioni di franchi di commesse ottenuti in Svizzera dalla Consonni International di Cantù, specializzata nell’arredamento di alberghi di lusso. Appalti ottenuti grazie a prezzi concorrenziali resi possibili dai “risparmi” sul personale.

L’inchiesta della procura, scattata dopo la denuncia di un capocantiere (accusato di usura e assolto in prima istanza), ha messo alla luce sei sistemi creati per decurtare i salari. A Lugano, presso una nota fiduciaria, era stata creata un’apposita società per impiegare gli operai attivi in Svizzera. 

Questa società versava salari corretti, ma dalla busta paga veniva poi imposta una restituzione. In seguito, tramite un impiegato della fiduciaria (accusato e poi assolto), venivano stipulati dei contratti a tempo parziale mentre gli operai lavoravano ben oltre il 100%. Da notare qualche aggancio locale del gruppo italiano. Non solo un quadro della fiduciaria è stato a lungo membro del cda della società svizzera di Consonni, ma tra i principali committenti in Ticino del gruppo italiano vi era l’hotel Kurhaus di Cademario, nel cui cda siedevano i due massimi dirigenti della stessa fiduciaria.

Il caso Consonni ha di nuovo alimentato il dibattito sui limiti della lotta alla malaedilizia in Ticino. Da quando, nel 2011, emerse la vicenda del Lac di Lugano, gli episodi sono stati decine. A volte le inchieste, scattate su segnalazione dei sindacati, si sono concluse con delle condanne. Altre volte l’indagine non parte nemmeno: poco tutelati, gli operai che segnalano i fatti rinunciano ad ufficializzarli in un verbale per paura di ritorsioni. Altre volte ancora le procedure si perdono nei cassetti già colmi della magistratura o accumulano ritardi per errori procedurali.

Gli utili dell’usura

Avevo mia moglie da mantenere, se reclamavo mi mandavano a casa, come è successo ad altri“, ci ha raccontato Francesco, ex dipendente della Consonni. In totale, stando alle cifre della procura, Francesco ha subito un furto sul proprio salario di 67’000 franchi. Si tratta del 43% in meno di quanto avrebbe dovuto ricevere se pagato correttamente. In totale, il titolare della società avrebbe ottenuto vantaggi per 563’000 franchi. Sono i profitti dell’usura. È semplice: taglieggiando gli operai ci si riempie le tasche. In un’altra vicenda – quella che riguarda la società Elia Costruzioni – le buste paga camuffate avrebbero generato in pochi mesi un utile netto di 218’000 franchi. L’amministratore e la contabile di questa azienda sono stati rinviati a giudizio per usura.

Già, l’usura. In Svizzera per punire gli abusi sui luoghi di lavoro si fa capo a questo reato. Ciò che presuppone l’accertamento di due aspetti: la manifesta sproporzione del guadagno e lo sfruttamento di uno stato di bisogno. Per Enrico Borelli, segretario di Unia Ticino, quest’ultimo punto è problematico: “Se da un lato la differenza salariale è facile da provare, dall’altro, nonostante l’evidente stato di bisogno nei quali versano i lavoratori vittima di reato, questo stato di bisogno spesso non viene riconosciuto nell’ambito della procedura penale“.

Proprio attorno allo sfruttamento dello stato di bisogno si è a lungo dibattuto durante il processo Consonni. Da un lato, l’accusa ha sottolineato la vulnerabilità delle vittime: operai già in là con gli anni, con famiglia a carico, poco qualificate, che firmavano i contratti senza leggerli, ignari dell’esistenza dei ccl. Dall’altro le difese a fare i conti in tasca agli operai per poi dire che, benché taglieggiati, i salari fossero superiori a quelli che avrebbero percepito in Italia. E che quindi no, non vi era nessuno stato di bisogno.

Terreno torbido

Come era possibile applicare dei prezzi di 116 franchi al metro quadro mentre noi con 155 uscivamo a zero o con una leggera perdita“, scrive un imprenditore attivo nella posa di facciate. Semplice: la ditta rivale ha taglieggiato i salari. In questo caso, l’inchiesta non partì poiché, come scritto dalla procuratrice, gli operai non se la sono “sentita di esporsi“. Come dargli torto: la società aveva sede a Lugano, presso una fiduciaria implicata in un caso di criminalità definito “Banca della Camorra”.

“La difficoltà principale è data dal timore che i lavoratori hanno nel denunciare queste pratiche. Non solo si teme il licenziamento, ma spesso si ha paura di ritorsioni”.

Per i sindacati, operare in questo ambito non è facile: “Abbiamo a che fare con situazioni torbide e pericolose. La difficoltà principale è data dal timore che i lavoratori hanno nel denunciare queste pratiche. Non solo si teme il licenziamento, ma spesso si ha paura di ritorsioni anche perché i lavoratori non sono adeguatamente tutelati nell’ambito della procedura“, afferma ancora Enrico Borelli.

Fouad Zerroudi è uno degli operai che hanno denunciato quanto avvenuto sui cantieri Alptransit del Monte Ceneri. Un grande cantiere pubblico in cui, come svelato dall’emissione Falò, sono andate in scena tutta una serie d’irregolarità: turni di lavoro infiniti, buste paga taroccate, assenza di controlli e lacune nella sicurezza. Grazie alla testimonianza di Fouad e colleghi, la magistratura ha aperto un’inchiesta. Una scelta, quella di denunciare tutto a volto scoperto, che questo testimone chiave sta pagando sulla propria pelle: “Mi hanno fatto perdere il nuovo lavoro, offerto 100’000 euro per ritirare la denuncia e minacciato“, ha raccontato di recente.

Dietro a queste storie, dietro ad abusi e taglieggiamenti, vi è una guerra. È la “guerra dei prezzi” per accaparrarsi gli appalti. La concorrenza è sempre più spietata: se vuoi vincere, spesso, devi giocare sporco. Fouad lavorava per l’impresa italiana Gcf Generale costruzioni ferroviarie che fa parte del consorzio italo-svizzero Mons Ceneris. Quest’ultimo ha vinto l’appalto per i lavori di tecnica ferroviaria con un’offerta del 30% più bassa rispetto al consorzio concorrente. Ora, alla luce di quanto emerso, è lecito pensare che alla base di un’offerta clamorosamente bassa vi sia lo sfruttamento del personale.

Subappaltopoli

Il cantiere è una catena composta da vari anelli. Vi è un committente che appalta a un consorzio o a un’impresa generale la realizzazione di un’opera; a loro volta questi subappaltano ad altre imprese varie mansioni, come la posa del ferro, dei ponteggi o la gessatura. Non è un caso se le principali vicende di malaedilizia in Ticino hanno coinvolto società attive in questi tre settori. Il costo del ferro, ad esempio, è uguale pressoché per tutti. Il margine di profitto lo si realizza dunque sui lavoratori sfociando spesso nell’illegalità. Dovrebbe essere però chiaro a tutti che al di sotto di determinate cifre i prezzi sono insostenibili e non possono coprire il costo del lavoro secondo gli obblighi previsti dai ccl.

Spesso quando emergono casi di usura e caporalato si va a colpire chi di fatto commette questi atti. Si tratta però delle aziende che operano in fondo alla catena dei subappalti. Quello che sembra emergere da alcune inchieste in corso di cui tvsvizzera.it ha potuto prendere atto è un sistema di malaedilizia generalizzato che coinvolge imprese faro dell’imprenditoria edile ticinese oltre a committenti pubblici e privati di primaria importanza. Un sistema di doppio subappalto che termina con taglieggiamenti e soprusi avvenuto su un importante cantiere pubblico è attualmente al vaglio della Procura.

Casi in tutta la Svizzera

La malaedilizia non è un fenomeno esclusivamente ticinese. Dalla Romandia a Zurigo, negli ultimi anni vi sono stati diversi casi in tutta la svizzera. È sulle rive della Limmat che è andato in scena quello che è forse il più grosso caso di tutta la Svizzera. Protagonista della vicenda, la Goger-Swiss Ag, che ha ottenuto mandati importanti come quello del Fifa Museum. Appalti ottenuti grazie ai prezzi estremamente bassi dietro i quali, però, si nascondevano vari abusi: salari minimi non versati, registrazioni delle ore di lavoro manipolate, ecc. Oggi la società è in liquidazione mentre il suo titolare, Kurt Groger, si è rifugiato in Austria, a distanza di sicurezza dalle autorità svizzere.

A Ginevra, quest’anno è invece scoppiato il caso che vede sfruttati gli operai italiani attivi sul cantiere dei Trasporti pubblici ginevrini, un progetto da 310 milioni di franchi. Ai dipendenti attivi nei lavori elettrotecnici sono stati consegnati dei conteggi salariali con paghe conformi al ccl ginevrino dell’installazione elettrica. Ma il trucco c’era: una parte del salario è stata prelevata direttamente sui conti italiani, non lasciando quasi nessuna traccia della frode.

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