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I disoccupati frontalieri costano troppo: in Francia monta la polemica

posto di confine
Sono quasi 230'000 le lavoratrici e i lavoratori frontalieri francesi impiegati in Svizzera. i lavoratori e le lavoratrici frontaliere fran Keystone / Jean-Christophe Bott

Le lavoratrici e i lavoratori frontalieri rimasti senza lavoro in Svizzera pesano troppo sulla cassa disoccupazione francese: è l’allarme lanciato dal padronato e da alcuni eletti, che chiedono a Parigi di intervenire, ad esempio chiedendo di modificare le regole in vigore e chiamando Berna a contribuire di più.

Le regole europeeCollegamento esterno in materia di assicurazione disoccupazione – che in virtù dell’accordo di libera circolazione valgono anche per la Svizzera – sono chiare: in caso di perdita dell’impiego, un lavoratore o una lavoratrice frontaliera percepisce l’indennità dal Paese in cui risiede e non da quello in cui era attivo, malgrado versi i contributi alla cassa di questo Stato. Il Paese nel quale era occupato corrisponde da parte sua da tre a cinque mesi di indennità di disoccupazione allo Stato di residenza.

L’importo a volte però non basta. Stando a uno studioCollegamento esterno pubblicato a inizio ottobre da Unédic, l’associazione incaricata di gestire l’assicurazione disoccupazione in Francia, le somme versate alle persone frontaliere rimaste senza lavoro superano di gran lunga quanto ricevuto dai Paesi in cui erano impiegate.

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Un disavanzo di nove miliardi

Ad esempio, solo nel 2023 l’Unédic ha speso un miliardo di euro per le persone frontaliere disoccupate, a fronte di un rimborso complessivo di 200 milioni. Se si tiene conto solo delle persone che erano occupate in Svizzera, il sovraccosto – ossia la differenza tra quanto pagato dallo Stato francese e i rimborsi ricevuti dalla Confederazione – è stato di 157 milioni (720 milioni di indennità pagate a fronte di 157 milioni di rimborsi ricevuti).

Dal 2011 al 2023, il disavanzo accumulato è stato di nove miliardi, di cui oltre sei miliardi imputabili alla Svizzera.

Il dato non deve sorprendere. Sulle 445’000 persone che lavoravano in un Paese confinante, nel 2023 quasi la metà (215’200) era attiva nella Confederazione. E sulle 77’000 persone disoccupate indennizzate in Francia nel 2023 in virtù del diritto applicato ai frontalieri e alle frontaliere, quasi 47’000 esercitavano precedentemente la loro professione in Svizzera.

Ma le cifre che più contano sono altre. Visto il salario più elevato percepito all’estero, la persona disoccupata frontaliera costa di più rispetto a chi era impiegato in Francia. Nel 2023, l’indennità media mensile della prima categoria era di 2’299 euro. Una cifra che sale a 2’670 euro se si considerano solo i frontalieri “svizzeri”, a fronte di una media di 1’265 euro per tutti i beneficiari di indennità disoccupazione francesi. E soprattutto“nel caso dei lavoratori transfrontalieri residenti in Francia, la durata dell’indennizzazione supera di gran lunga i cinque mesi al massimo rimborsati dal Paese di occupazione”, rileva l’Unédic, senza fornire cifre dettagliate.

Cambiare le regole

Di fronte al deficit cronico del bilancio dello Stato francese, da più parti è stato chiesto di cambiare le regole per diminuire il differenziale tra i rimborsi percepiti e le somme effettivamente sborsate.

Ai microfoni della Radiotelevisione della Svizzera francese RTS, la deputata dei Repubblicani Virginie Duby-Muller, eletta nella circoscrizione dell’Alta Savoia, ha chiestoCollegamento esterno che l’accordo europeo in materia – da lei definito “iniquo” – venga rinegoziato affinché la Svizzera contribuisca di più al finanziamento della disoccupazione.

Ancor prima della pubblicazione dello studio dell’Unidéc, altri parlamentari della regione frontaliera con la Svizzera avevano fatto proposte simili, stando a quanto riporta la Tribune de GenèveCollegamento esterno.

Il Mouvement des entreprises de France (Medef), la principale organizzazione padronale francese, ha fatto lo stesso. “A lungo termine – si legge nella missivaCollegamento esterno inviata a inizio mese al primo ministro Michel Barnier – proponiamo di instaurare un principio semplice: colui che impiega deve versare le prestazioni. Questo dovrebbe assumere la forma di un meccanismo di coordinamento semplice, equo ed equilibrato tra gli Stati, che imponga allo Stato che ha raccolto i contributi di pagare le indennità di disoccupazione”.

Altri sviluppi

Una proposta di revisione del regolamento europeo è sul tavolo a Bruxelles. L’idea è di rendere lo Stato membro che ha ricevuto i contributi responsabile del pagamento dell’indennità di disoccupazione quando la persona vi ha lavorato almeno per un anno. Se questa riforma dovesse effettivamente passare – ma non vi è nulla di scontato essendo necessario il consenso dei Paesi membri – la misura non si applicherà comunque direttamente anche alla Svizzera. Prima, infatti, il nuovo regolamento dovrà passare al vaglio del Comitato misto Svizzera-UE sulla libera circolazione. Insomma, deve ancora passare tanta acqua sotto i ponti.

Un’altra opzione avanzata da alcuni economisti è di riformare il sistema di disoccupazione francese per i frontalieri.

Ad esempio, modificando il modello di calcolo dell’indennità per tenere meglio conto del livello dello stipendio medio in Francia. In questo caso a fare le spese di un’eventuale riforma sarebbero gli ex e le ex frontaliere disoccupate.

Che ne è dell’Italia?

Se in Francia alcuni fanno la voce grossa, in Italia per ora tutto tace. Questo perché la situazione – osserva Andrea Puglia, responsabile dell’ufficio frontalieri del sindacato OCST (Organizzazione cristiano sociale ticinese) – è profondamente diversa.

Mentre in Francia una persona disoccupata può percepire fino a 6’200 euro al meseCollegamento esterno a seconda del salario che aveva in precedenza, in Italia il tetto massimo è fissato a 1’550 euro nel 2024, con una decurtazione progressiva a partire dal sesto mese.

Cifre su un eventuale disavanzo tra quanto rimborsato dalla Svizzera e quanto pagato dall’Italia non ve ne sono, poiché come rileva Andrea Puglia l’Istituto nazionale di previdenza sociale non fa distinzione tra frontalieri e non. Una cosa è però certa: viste le differenze per quanto concerne il tetto massimo, anche se un ex frontaliere dovesse rimanere in disoccupazione per un periodo più lungo rispetto ai 3-5 mesi rimborsati dalla Svizzera il costo per le casse italiane è molto più basso se paragonato alla Francia.

Vi è poi un altro fattore che incide fortemente: “La tipologia dei frontalieri che vanno in disoccupazione è diversa rispetto alla Francia – prosegue il responsabile dell’OCST. Tendenzialmente sono persone che lavorano in settori in cui ritrovano rapidamente un impiego”. In altre parole, spesso i rimborsi svizzeri bastano per compensare le uscite della NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego).

Una legge rimasta per ora lettera morta

Anche in Italia, però, le cose potrebbero cambiare. La legge di ratificaCollegamento esterno relativa all’accordo fiscale con la Svizzera sui frontalieri approvata dal Parlamento italiano prevede che questa categoria di lavoratori abbia diritto a un importo di disoccupazione “calcolato per i primi tre mesi in misura all’importo erogabile ai sensi della legislazione svizzera”.

+ Per saperne di più su come funziona l’assicurazione disoccupazione in Svizzera

La misura sarebbe dovuta entrare in vigore all’inizio del 2024, ma per ora è tutto fermo “in mancanza di un’intesa specifica tra Italia e Svizzera sul meccanismo dei rimborsi di questi importi”, spiega Andrea Puglia.

Berna non avrebbe digerito il fatto che Roma abbia attuato una nuova misura di disoccupazione che ricadrebbe unicamente sulle spalle della Svizzera senza prima confrontarsi.

Affaire à suivre, insomma, ma le ricadute per la Confederazione potrebbero essere importanti anche se – come rileva ancora il sindacalista dell’OCST – dai frontalieri “la Svizzera incassa milioni di contributi [per l’assicurazione disoccupazione] senza per forza doverli dare indietro”.

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